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Un caso clinico particolare
Mio fratello è stato curato presso il reparto malattie infettive a marzo del 2014 per una polmonite di cui non risultano accertate le cause. Dicevano di lui che durante la degenza si mostrava irrequieto, aveva problemi di eloquio con medici e infermieri e spesso cadeva in uno stato confusionale. Sospettavano che avesse un principio di demenza. Il paziente all'epoca aveva 58 anni ed era un affermato professore di lettere, da qualche mese in aspettativa per una depressione scaturita da un grave lutto familiare. Nel dimetterlo dopo la guarigione dalla polmonite, è stato consigliato alla famiglia di prenotare per lui una visita neurologica presso il reparto dello stesso ospedale, prescrivendogli nel contempo un farmaco antipsicotico (Ziprexa). Dopo le dimissioni dall'ospedale, le condizioni di mio fratello sono precipitate: si è rallentato nei movimenti e nelle facoltà di espressione. Preoccupata, la famiglia ha pensato di sottoporlo ad una risonanza magnetica all'encefalo: mio fratello aveva subìto una serie di ischemie multi-infartuali con grave danno cerebrale che gli aveva compromesso il linguaggio e la deambulazione. Dopo un secondo ricovero, a luglio, presso il reparto di medicina interna, è stato dimesso senza ulteriori indagini diagnostiche e senza una precisa diagnosi. Rimandato a visita presso il reparto di geriatria, data la giovane età non è stato preso in carica dalla struttura. Avrebbero forse potuto salvarlo gli stessi medici del reparto malattie infettive, se solo avessero capito in tempo utile che forse non era la polmonite il male che lo stava condannando, ma solo un segnale della più grave patologia che lo aveva colpito e che andava curata immediatamente. Mio fratello è deceduto a novembre dello scorso anno a soli 59 anni, a distanza di otto mesi dal primo ricovero, in attesa di ricevere una precisa diagnosi e un'idonea terapia dal centro UVA di neurologia del policlinico.
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