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Esperienza negativa da dimenticare
Vi racconto come è nato mio figlio. Tutto comincio' il xx del mese di xxxxx 2008, quella sera avevo le contrazioni, erano regolari ogni 20 minuti ed erano non troppo forti, sopportabilissime, da giorni pensavo "ci siamo". dopo un po' di ore che andava avanti cosi', e sentendo le contrazioni un pochino piu' forti, mi decisi (grande errore) ad andare in ospedale per un controllo ed eventualmente partorire, che tanto ero a 35 settimane, il bambino era gia' un piccolo vitello (2.900 kili) formato e in salute e, dall'ultimo controllo, tutti gli organi erano perfettamente formati, percio' non avevo paura di eventuali problemi respiratori. Arrivo in ospedale e mi controllano, mi chiedono tutti i documenti e poi mi spaventano: "eh ma che vuole che abbia problemi? no no deve stare dentro ancora due settimane minimo!" Poi mi fanno la visita durante la quale, dopo un'altra contrazione, gli rimane il tappo in mano e mi trovano aperta di un cm... cosi' decidono di portarmi a fare i tracciati e mi dicono che dovro' mettere il miolene perche' ripetono che è troppo presto. Ai tracciati non si vede una contrazione, nonostante prima le avessero toccate con mano, ai tracciati sono sparite. Io sono certa che è colpa loro perche' mi hanno spaventata, ma allora, credendo che fosse meglio fare come dicevano loro, mi faccio mettere il miolene. Per 4 giorni in ospedale col miolene, tutti i controlli perfetti. Poi torno a casa, dopo qualche giorno mi alzo dalla sedia e il mio pube fa un rumore come di rottura, un dolore che mi portero' fino a dopo il parto. Mi faccio controllare, ma mi dicono che non è nulla, io penso che la cartilagine ha ceduto un po' per via dell'aumento di peso del bambino. Da li arrivero' a 41 settimane. Monitorata e controllata con precisione quasi svizzera fino al giorno della 41esima settimana, all'ultimo monitoraggio decidono di tenermi e indurmi la mattina dopo. Io ignara che si potesse aspettare la 42esima settimana per fisiologia e contenta che finisse l'odissea, non vedevo l'ora di partorire. Alla visita prericovero dico che non voglio la tricotomia perche' tanto voglio fare il parto naturale e non voglio assolutamente l'episiotomia, quinidi la tricotomia e' inutile, ma l'ostetrica si avvicina col rasoio, mi dice che è piu' igienico e taglia (ormai a gambe aperte, nuda, che ti ribelli?), rasatura a secco, la cosa piu' fastidiosa mai provata fino a quel momento. Gia' li mi sento violata, ma sopporto. Quel giorno non ero andata di corpo. Mi faccio dare un lassativo cosi' il giorno dopo sono libera e pronta. Prendo il lassativo prima di cena. Dopo cena ho dei dolorini e penso che sta facendo effetto. Invece sono le contrazioni, il lassativo ha forse sbloccato la situazione e lo scopro quando con questi dolori leggerissimi e sopportabilissimi mi portano per il controllo di routine del tracciato in sala travaglio. Li per la prima volta in tutta la gravidanza vedo come sono fatte le contrazioni e dentro di me esulto di gioia e mando un messaggio a mio marito che era tornato a casa perche' sarebbe venuto l'indomani. Durante le contrazioni cominciano a scendere i battiti del bambino ogni tanto, ma poi risalgono quindi non mi preoccupo troppo, ma la ginecolga mi diche che se cominciamo cosi' non ce la facciamo... io alloora ero ignara della corrispondenza fisiologica fra contrazione e decelerazione fetale e un pochino mi comincio a preoccupare, che certamente era lo scopo poiche' la ginecologa era assolutamente pro cesareo. Contro il mio volere espresso, mi mettono l'ago cannula "perche' se dopo devi fare il cesareo sei gia' pronta" e li mi ribello senza successo, dico "almeno mettetemi l'ago nell'incavo del braccio che l'altra volta hanno provato sul polso/mano e non ci sono riusciti e mi hanno fatto solo male", ma non c'è verso, due tentativi, due aghi piegati e poi il terzo, mentre piangevo e li supplicavo, alla fine mi hanno accontentata... piango ancora un po', poi mi riprendo e si va avanti, mi sento ancora piu' violata, ma voglio solo abbracciare il mio cucciolo. Mi vorrei muovere, alzarmi, camminare o stare almeno in piedi col monitoraggio, ma mi obbligano sul lettino. Dico che non voglio assolutamente ossitocina, ma me la mettono spacciandomela per soluzione salina perche' dopo l'attacco della flebo comincio con contrazioni estremamente piu' forti. Arrivo fino alle xx.30 con contrazioni sempre piu' forti e ravvicinate, mio marito accanto dalle 22.00-22.30 circa che mi dava forza e si preoccupava ad ogni decelerazione, le ultime contrazioni erano talmente infinite e forti che non riuscivo a prendere quasi fiato, figuriamoci fare la respirazione. Arrivata a 6 cm e dopo l'ennesima decelerazione, la ginecologa mi dice, "facciamo il cesareo che sta soffrendo". In lacrime, spaventata, piena di dolore e quasi senza respiro non riesco a dire no e oppormi. Ho paura che il bambino davvero soffra, muoia. E intanto ero ignara allora, non come oggi, non sapevo che la posizione litotomica (ovvero sdraiata) puo' causare delle false sofferenze fetali e che bastava che mi lasciassero stare alzata o provare altre posizioni perche' tutto si normalizzasse! E le contrazioni date dall'ossitocina non erano certo di aiuto dato come erano, per non parlare del fatto che SE le contrazioni fossero state davvero prodotte dal mio corpo (dal momento che secondo la cartella clinica non avrei avuto nessuna flebo - misteriosamente mai successa) avrebbero potuto provare almeno due metodi per rallentarle un po'(fatto stabilito da altri medici di un altro ospedale che hanno visto la cartella clinica). Firmo il foglio giallo con un chirurgo (? o cosa?) che mi guarda male, forse e' seccato, forse lo fa per incitarmi a firmare, ma non è gentile, non ricordo cosa mi dice, sono stordita dalle lacrime e dal dolore, ricordo solo il suo volto senza un'ombra di comprensione o gentilezza. Urlo, urlo, continuo a urlare dal dolore fortissimo, mi dicono di spostarmi sul lettino della sala operatoria, ci arrivo aiutata, sto malissimo, sono piegata in due dal dolore e urlo, mi dicono "e stai zitta!" e dico "ma fa male non respiro non lo faccio apposta sono le contrazioni!!" e dentro di me penso come si faccia a dire una cosa simile a una partoriente... sara' seccata anche lei, perche' li ho tutti li attorno a me quando potrebbero riposare? Seduta sul lettino della sala operatoria prendo un respiro e mi immobilizzo quei pochi secondi che servono per l'ago della spinale. L'unico angelo della situazione mi parla, mi racconta quello che sentiro'. E' l'anestesista, mi rassicura e mi dice quello che accadra', mi da del gas(?), forse per farmi stare piu' tranquilla. Ci parlo, gli faccio domande, comincio a chiacchierare cercando di sdrammatizzare, di sapere cosa fanno, ma la chirurga(?) è scocciata, mi dice che hanno da fare, mi zittisce. L'anestesista va via e non lo vedo piu'. Poi sento il vagito, il mio bimbo è fuori. Me lo portano, lo guardo ma e' tutto troppo veloce, me lo fanno baciare un secondo, gli dico due parole poi lo portano subito via, nessun altro contatto. Io gli dico "non dategli niente per favore non dategli nulla che lo allatto io". Mi ricuciono, mio marito e mia madre me li fanno vedere prima di entrare nella saletta di controllo, ma per pochi secondi, il tempo di chiedermi come sto e farmi vedere una foto fatta al bambino mentre usciva nella culletta termica, poi mi portano via, li in una sala attigua alla sala operatoria, mi attaccano un macchinario per controllare il battito cardiaco e la pressione. Li spendero' quasi due ore da sola, chiamo per avere un contatto umano, viene una ostetrica scocciata, mi stacca la macchina perche' tanto non serve piu', mi dice che hanno da fare. Piango, non riesco a dormire, tremo per quello che sembra un tempo infinito, un effetto dell'anestesia. Chiedo di vedere il mio bambino piu' volte, non ricordo quando e quante, mi viene detto che è al nido, che stanno facendo i controlli ecc. Quando poi e' ora che mi si porti in reparto dal lettino al mio letto mi incitano a muovermi, gli dico che è impossibile, che non sento le gambe che non ho forza, l'infermiera di turno mi dice di dargli una mano, che non ce la fanno a sollevarmi da sola, che mi devo aiutare con quel maniglione, io ci provo, ma è inutile, non sento nulla, quasi rischio di spostare il lettino e cadere. Allora di forza mi alzano e mi muovono, sono nel mio letto e chiedo di nuovo di vedere il mio bambino, che l'ho visto solo due secondi. Finalmente me lo portano, ma mi dicono solo 5 minuti che devi riposare resto con mio marito, mia madre e l'infermiera del nido che arriva col bimbo e forse, mossa dalle mie lacrime, me lo fa vedere 10 minuti e piu'... ma dalla sala parto sono passate tre ore e l'ho potuto vedere solo dopo molta, moltissima insistenza, mi dicono che gli hanno dovuto dare acqua e zucchero perche' aveva la glicemia bassa (non sapevo che fosse fisiologico e normale e che non si deve dare nulla) quindi anche dopo quest'ennesima violazione sopporto... il bambino dorme e prima che venga portato via, non ho pensato ad attaccarlo al seno: stanca, stravolta di emozioni e non lo volevo disturbare. Lo portano via e crollo dalla stanchezza, dormo un po', poi il dolore mi sveglia, chiedo l'antidolorifico, ci vorrano ore prima che me lo portino e che non faccia nemmeno effetto, chiedo e lo richiedo e mi portano solo le stesse bocce di flebo che non facevano nulla. Il resto della mattina passa fra il dolore e il sonno che mi prende e mi lascia, verso le 8 realizzo che non mi hanno portato ancora il bambino e comincio a chiedere di lui, non me lo portano prima delle 10 e gli hanno gia' dato il latte artificiale; mi arrabbio, ma ormai non c'è nulla da fare. Al prossimo accenno di fame me lo faccio mettere al seno e dopo un po' di difficolta' troviamo la posizione giusta e cominciamo l'allattamento al seno. Il personale ostetrico che si alterna è raramente cortese. Alla visita di controllo mi spremono il ventre al punto da farmi piangere. Mi hanno messo flebo di ossitocina e methergin CONTROINDICATO IN ALLATTAMENTO come scritto da foglietto illustrativo ed aggiungo inutili dato l'allattamento al seno che stimola le contrazioni uterine. Dicono che è per precauzione per non rischiare un raschiamento, non informata al tempo credo alle loro parole ancora una volta. Il giorno dopo mi dicono che mi devo alzare, ma io non voglio, sto male, non me la sento e non ce la faccio a fare nulla. Non voglio altro dolore, non mi danno l'antidolorifico che chiedo, sono ancora attaccata alla flebo e al catetere (dimenticavo di dire, quando mi hanno preparata per il TC mi hanno infilato il catetere una prima volta non riuscendoci e facendomi malissimo e la seconda riuscendoci, questo fara' si che le mie urine siano miste a sangue il primo giorno e mi comportera' un'infezione che mi portero' per due settimane) non ne voglio sapere di alzarmi, voglio che siano seguiti i miei tempi. Arriva il pomeriggio e un'infermiera mi dice che se mi alzo dopo un po' passa tutto e che posso finalmente cambiare il mio bambino ecc, mi sprona, mi faccio un po' di coraggio, le dò retta, mi aiuta a sedermi e successivamente alzarmi, ma solo io so l'inferno che ho vissuto in quel momento, l'alzarmi mi lacera, mi squarcia, mi sento strappare, e' come se mi dessero fuoco, un dolore atroce, mi sento morire mi lascio andare e mi rimettono di peso sul letto, in lacrime. La sofferenza e la paura di provare di nuovo quel dolore mi fa desistere dal provare di nuovo per ancora molte ore, quando mi alzero' di nuovo per la prima volta davvero, sara' per spostarmi dal letto alla sedia. Nutro il mio bambino del mio colostro quanto piu' posso, ma un paio di volte sono costretta a chiedere l'aggiunta perche' non sapevo che fare, era piu' affamato del dovuto a causa del latte artificiale e la glucosata che gli avevano allargato il suo minuscolo stomachino, quello stomachino che finche' non arriva la montata lattea ha la capacita' di un cucchiaino e come tale sarebbe stato perfetto ad accogliere quelle poche nutrientissime gocce di colostro prodotte nei primi giorni, ma io queste cose non le sapevo ancora allora. Per fortuna arriva poi la montata lattea e riesco a farlo saziare solo di me. Quando esco, dopo 4 giorni lo faccio in parte sulla sedia a rotelle, sto ancora male e staro' male (anche se un po' meno) per altri due mesi.
Il cibo era buono.
Le infermiere del nido, tutte tranne un paio, dovrebbero cambiare mestiere secondo me.
Hanno trasformato un parto fisiologico in un parto cesareo.
Il senso di vuoto, la rabbia per il subito, l'impressione che quel bimbo non mi appartenesse del tutto anche se l'ho amato subito mi hanno accompagnata per vari mesi, dopo mi è stata anche diagnosticata una SINDROME DA STRESS POST TRAUMATICO che per fortuna non ha nulla a che vedere, ne si è mai collegata ad una depressione PP e dopo 17 mesi la rabbia era ancora tanta. Oggi la rabbia c'è ancora, ma c'è anche tristezza, rimpianto per essermi fidata delle persone sbagliate. Non siamo malate da trattare senza rispetto, siamo donne e madri, partorienti, non pazienti, ma lì ho vissuto un trauma che non dimentichero' mai.
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