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Pessima e triste esperienza
Vengo ricoverata per un aborto spontaneo alla dodicesima settimana. Gelo e freddezza fin da subito, mi propongono di scegliere tra la pillola o il raschiamento. Chiaramente tra il dolore del momento e la poca lucidità, riesco a dire che preferisco fare il raschiamento per non dover passare i giorni seguenti a osservare un'emorragia tristissima. Non sto a dire la manualità per la visita, un dolore cane, un linguaggio inappropriato e troppo confidenziale ma senza una reale vicinanza. In sala operatoria, il ginecologo inizia a discutere con un anestesista su come fosse organizzato meglio il San Filippo Neri, dove gli anestesisti sono a disposizione. Iniziano a discutere in modo acceso e intanto io piangevo dal dolore emotivo della mia perdita nella loro totale indifferenza. Mi sono addormentata piangendo, sentendo il dottore che rifiutava un ferro passato dall'infermiera, dicendo che lui preferiva fare "alla vecchia maniera" e mi sono svegliata senza spiegazioni. Mi portano in camera dove una mamma straniera aveva perso da poco la bambina durante il parto. Mi sentivo persino fortunata. Poi inizio con sanguinamenti vari e visite da incubo. Vengo dimessa e continuo con dolori vari. Il dottore che mi aveva lasciato il cellulare, mi propone di andare a studio privato da lui la mattina seguente, anziché in ospedale. Inizio ad avere dei dolori per cui non riuscivo neanche a sedermi. Vado al PS del San Camillo e viene fuori che il dottore che mi ha operata aveva preso quella che in gergo si chiama un falsa strada, lacerando l'utero. Ho passato mesi da incubo emotivamente e fisicamente. Non posso che maledirmi per essermi recata qui la prima volta.
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