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Asportazione totale stomaco e parziale pancreas
Mio marito a novembre scorso ha subìto un intervento chirurgico per l'asportazione totale dello stomaco in quanto, dopo una Tac che evidenziava la presenza di una formazione nodulare in prossimità dell'area gastrica e nella porzione prossimale e craniale del corpo pancreatico, ed una successiva Pet che aveva evidenziato assenza di malattia nel tratto prossimale/craniale del corpo pancreatico e, infine, una gastroscopia aveva rilevato la presenza di un carcinoma nello stomaco. E' stato pertanto operato dal Dott. Enzo Andorno per togliere completamente lo stomaco. Durante l'intervento i chirurghi hanno dovuto togliere anche tutti i linfonodi che erano risultati intaccati dal tumore e parte del pancreas (corpo e coda) in quanto il tumore aveva infiltrato anche questo organo. (la PET però era negativa …. inspiegabile!).
Dopo 8 ore e mezzo sotto i ferri, mio marito è stato trasferito in terapia intensiva del Pronto Soccorso (personale medico e infermieristico meraviglioso) dove è rimasto 13 giorni e non ha mai avuto febbre e accusato dolori addominali, nonostante l'intervento chirurgico decisamente invasivo. Siccome si era un pochino ripreso, il dott. Andorno lo ha trasferito presso il suo reparto, dove però durante gli 11 giorni in cui è stato ricoverato ha preso immediatamente due batteri (candida e un altro che mi pare di aver capito fosse l'enterococco). Così ha avuto quotidianamente la febbre, per culminare il 15 dicembre in una grave situazione di sepsi per cui è stato deciso di rimandarlo in terapia intensiva (questa volta al 4° piano del Monoblocco, dove anche qui ho trovato personale professionalmente preparato). Sono sopraggiunte ulteriori complicanze che hanno reso necessario l'inserimento di uno stent a causa della formazione di due piccoli fori in corrispondenza delle suture che hanno messo in comunicazione la parte terminale dell'esofago con la parte iniziale dell'intestino. Si è altresì riscontrata la formazione di una fistola pancreatica che ha complicato ulteriormente la situazione e, dopo la permanenza in terapia intensiva per 20 giorni, mio marito il 4 gennaio scorso è purtroppo deceduto dopo essere stato in sedazione una decina di giorni. Le critiche che mi sento di muovere nei confronti del dott. Andorno e della sua equipe riguardano il fatto che un malato come mio marito, a mio parere, non avrebbe dovuto essere trasferito in un reparto di degenza "normale", e cioè con malati praticamente autosufficienti e con patologie decisamente meno gravi della sua, ma tenuto ancora sotto osservazione in terapia intensiva (o magari trasferito alla sub intensiva visto che esiste anche quella al piano dove ha sede l'unità operativa del dott. Andorno) almeno ancora una settimana/dieci giorni, tenuto conto che nel reparto di degenza vi era poco personale infermieristico che, per forza di cose, non poteva dedicarsi pienamente ad un malato, che non è praticamente mai riuscito ad alzarsi da letto durante tutta la degenza e sino al suo decesso.
Inoltre, alla mia segnalazione di un problema ripetutosi più volte con il catetere, è stata richiesta una visita urologica solo dopo aver esercitato pressioni per verificare l'anomalia che avevo riscontrato.
Contesto inoltre la scarsa o meglio, quasi nulla, empatia nei confronti dei familiari del paziente in quanto, per avere informazioni sullo stato di salute di mio marito, ho dovuto spesso "cercare" i medici che talvolta ho trovato anche un po' sfuggenti e distaccati. Infine, a conferma della scarsa empatia, voglio dire ancora questo: mio marito è spirato il 4 gennaio scorso e il dott. Andorno, che lo aveva seguito nei giorni precedenti devo dire con una maggiore presenza, non ha pensato minimamente di farmi le condoglianze.
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