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Rinascere
Quando senti raccontare ad altri passaggi importanti della propria vita, pensi sempre che non capiterà mai a te, eppure quel maggio 2021 mi sentivo stranamente agitata: quei sintomi particolari qualche dubbio me lo avevano fatto venire. L'ambiente dell'ospedale mi ha sempre agitato perché lo collegavo ad un periodo difficile della mia esistenza, quando prestavo le mie attenzioni ad una persona anziana aggrappata alla vita che sentiva sfuggire. Mia madre.
Tuttavia quella mattina ero lì, in un ospedale, in una sala d'attesa con altre persone dai visi seri e tristi, in attesa di un giudizio, di una sentenza, di una notizia che avrebbe potuto cambiare il resto della mia vita. I pensieri andavano a mio figlio, alla mia vita affettiva, al mio lavoro, alla mia quotidianità, alla possibilità che all'improvviso tutto cambiasse, tutto potesse essere messo in discussione e anche scomparire. Con me stessa e tutto ciò che ero stata fino a quel momento. All'improvviso la porta si aprì, Andrea Prof. Talacchi, sereno e con un gesto gentile mi invita ad entrare. La massa è importante, la localizzazione la pone in un punto delicato. La decisione di intervenire. La giovane età, le condizioni di salute generali, non lasciano spazio ad indecisioni, nè tempo per decidere diversamente.
L'ospedale e' organizzato, ha un team di esperti formatisi in ambienti internazionali, la struttura non e' nuova, e' uno dei tanti ospedali di Roma sempre a rischio per la razionalizzazione della spesa pubblica. Ed invece per me diventa il posto più importante del mondo. In pochissimi giorni passo attraverso tutte le diverse fasi di tanti casi analoghi che l'ospedale tratta quotidianamente: le analisi, la RMN, la diagnosi, ancora le analisi e infine il ricovero. Sembra una frase messa lì per descrivere un processo quasi industriale. Ma dietro queste poche parole, uno staff di persone, non solo professionisti ma persone vere pulsanti e vive, coinvolte nella vita di chiunque si rivolga a loro, compie con una dedizione al limite della missione della vita, ogni singola azione rivolta al paziente. Il prossimo... Alle volte sembra essere una semplice figura retorica, religiosa, sociale. Eppure questa volta il "prossimo" sono io. Le mie paure, l'angoscia più grande, la preoccupazione di un dopo, chissà quale "dopo" avrò ancora a mia disposizione. Nonostante ciò, scopro un gruppo di persone che vivono la propria quotidianità rivolta al prossimo.
OSS sentite più vicine di una sorella mai vissuta, con le battute tipicamente femminili, al centro della loro missione, al centro della loro vita, in ogni momento: i miei angeli custodi.
Uno staff infermieristico che spesso sentiamo prima dileggiare, poi innalzare agli onori della cronaca per la pandemia che ci ha colpiti poco tempo fa. Ma solo vivendo con loro, grazie a loro ed alla dedizione con la quale hanno seguito ogni aspetto della mia degenza, pre e post operatoria, ho potuto scoprire dei professionisti di grandissimo livello e dalla competenza umana e tecnica che ho potuto riscontrare in pochi ambienti lavorativi. Abili specialisti impegnati ad eseguire ogni giorno una articolatissima opera con continue interazioni verso i pazienti, verso altri reparti, verso i laboratori che solo una preparazione elevata ed approfondita consente di condurre con successo.
E poi loro, i miei nuovi "genitori", coloro che mi hanno restituito alla vita. Il Dott. Aurel Hasambelliu e il Dott. Celestino De Simone. Quando si pensa a dei chirurghi, si immaginano persone distanti e necessariamente distaccate. Io ho avuto l'onore di sentirmi protetta e rincuorata in ogni momento da persone che hanno un solo scopo nella loro professione e che lo perseguono con professionalità elevatissima, ma con la semplicità con cui un genitore ama la propria figlia. Persone che in ogni momento sono state presenti, splendidamente dirette e validamente supportate e coadiuvate dall'insigne Prof. Andrea Talacchi. La persona a cui ad oggi devo tutto di me stessa. Riaprire gli occhi e recuperare giorno dopo giorno le mie capacità vitali, funzionali e cognitive e' stato come rinascere e provare una profonda riconoscenza a persone che ogni giorno lavorano silenziosamente, lontani dai clamori mediatici, mentre invece dovrebbero esserne al centro per ogni miracolo che compiono. Una esperienza, quella di ritrovare la vita, che lascia stupiti per quanta competenza e semplicità vengano simultaneamente espresse. Il reparto di neurochirurgia dell'Ospedale San Giovanni di Roma e' per me quanto più' vicino alle eccellenze che riempiono le graduatorie, le cronache, i titoloni del mainstream che troppo spesso rispondono a logiche non sempre vicine al vero soggetto della loro esistenza: il paziente. Ringrazio profondamente tutto l'ospedale, il reparto di neurochirurgia, ma soprattutto le persone vere, uniche ed insostituibili per una esperienza che mi ha cambiato la vita, restituendomi ciò che ho temuto e che difficilmente offre una seconda possibilità. La vita.
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