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Protocolli e speranze standard
I dottori sono molto competenti e gentili (a parte uno), il direttore un "Angelo" di nome e di fatto. L'unica osservazione, commento, riflessione del tutto personale e' la seguente:
- quando hai un problema oncologico, perche' lo stesso, agli occhi del paziente, viene trattato come se fosse una malattia standard, normale una malattia come un'altra ? A mio avviso Ogni persona ha un suo particolare modo di metabolizzare la propria malattia ed e' brutto pensare che con un protocollo standard di chemio (a seconda del tipo di neoplasia che hai) vengano curati centinaia di pazienti con organismi diversi, chimiche interne alla persona diverse l'una dalle altre. Questo e' una critica non al reparto di oncologia di Prato, ma alla scienza oncologica in genere. Esami del sangue continui per il controllo dei marcatori, tac e risonanze di controllo... ma quando un malato viene considerato e valutato come non operabile per l'avanzato stadio della malattia, non sarebbe il caso di curarlo solo con terapie contro il dolore e non "bollire" (così ho sentito una volta con i miei orecchi) il poveretto? Scusate la mia poco professionalità nel commento, ma a mio parere la verita' al malato non deve essere solo quella "lei ha un cancro", ma deve essere nei fatti nel proporre un percorso di cura vero, della qualità di vita, non far sperare a chi ormai per sua sventura non può più guarire ed iniettare quei "boccioni" per debilitare più velocemente il fisico. Spero che le cose da quattro anni a questa parte siano cambiate e spero che continueranno ad evolversi positivamente per i malati, sperando inoltre che mai sia stata vera un'affermazione di un noto chirurgo da me interpellato, il quale riferì allo scrivente "Guarducci, i protocolli di chemio come stanno somministrando a suo padre servono solo ad esaurire le infinite giacenze di scorte di magazzino presenti nei nostri reparti di oncologia". Scusate, spero che la mia testimonianza serva se necessario a far riflettere in modo positivo chi e' da una parte o dell'altra della barricata. Leonardo Guarducci
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