Dettagli Recensione
Grave ed allarmante
Sono al quinto mese di gravidanza. Ho pensato che, per mio diritto, potevo usufruire del servizio sanitario nazionale per avere assistenza alla mia prima gravidanza. Naturalmente mi sbagliavo. Mi è stato diagnosticato al pronto soccorso del policlinico, all'inizio del terzo mese, un igroma cistico di cui non ho mai avuto una ecografia, e confermato qualche giorno dopo da una ginecologa del policlinico. Mi hanno mandata a fare una villocentesi di urgenza a Palermo al centro genetica. Tutto questo in due visite che in tutto saranno durate, insieme, 6 minuti. A Palermo si scopre che hanno confuso l'igroma con la placenta, complimenti per gli studi. Nel frattempo il mio terzo mese è stato un incubo immane. Faccio anche lo screening a Palermo, mi dicono che il bimbo è sanissimo e mi mandano a casa con tranquillità e con la sensazione di essere stata assistita da persone professionali, giovani e che hanno davvero indagato sul mio caso.
Ritorno al quinto mese al policlinico per una visita col primario, racconto della mia storia, mi dice di fretta, forse per non ammettere gli errori dei colleghi, che "queste cose si possono assorbire", e frettolosamente mi saluta dandomi appuntamento per la morfologica. Quest'ultima mi è stata fatta il 12 agosto da una dottoressa specializzanda, la quale ha mostrato una professionalità che fino ad allora non ho mai incontrato tra i professoroni di questa illustrissima università (miei colleghi, ahimè, essendo io ricercatore presso lo stesso ateneo). Dopo essersi consultata col prof. D'Anna, la dottoressa mi convoca in stanza ed insieme, dopo aver pescato per caso dal corridoio il dottor Corrado, mi dicono che di nuovo vedono dei soft markers nella mia ecografia che, uniti alla mia età (35 anni, eppure lo stesso d'ANNA mi aveva detto qualche giorno prima che ero una giovane donna e che non avrei dovuto frequentare l'ambulatorio per le gravidanze a rischio), e all'igroma cistico visto dai due colleghi (evidentemente anche loro scambiano la placenta per un igroma) possono essere segnali di malattia genetica o problemi al cuore. Ricado nell'incubo, a pochi giorni a limite dell'aborto terapeutico. Guardano le carte in maniera frettolosa, non ho la sensazione di essere assistita, né di essere ascoltata e mettono in discussione persino lo screening di Palermo, perché si sa, le percentuali vengono lette secondo "le scuole di pensiero" (per cui a palermo il bimbo è sano, al policlinico potrebbe essere down). Io ricado nell'incubo, loro mi consigliano di fare l'amniocentesi. In realtà non hanno capito niente della mia storia perché non l'hanno ascoltata, vanno troppo di fretta. Mi rifaccio vedere di urgenza da un privato molto bravo, non perché non mi fidassi della morfologica della dottoressa, ma perché ho visto qual è il tipo di assistenza che offre il policlinico: pura medicina difensiva, superficialità, mancanza totale di professionalità (che invece compare, guarda caso, negli studi privati degli stessi dottori). Il nuovo dottore mi dice che per lui l'igroma cistico non è mai esistito, così come mi aveva detto il centro di genetica di Palermo, e che a suo vedere i soft markers che mi avevano segnalato sono insignificanti e non indicano alcuna malattia genetica. Naturalmente la verità la sa solo Dio, ma questa è la sua indicazione dopo aver studiato il caso tre giorni interi. Decido perciò di non fare l'amniocentesi, non perché sono contraria in assoluto, ma perché non condivido la medicalizzazione della vita tout court. Se ci fossero stati dei segnali veri e seri l'avrei fatta, non sono così folle. Detto questo, dopo essere stata salutata dal medico scelto in privato con " per me questa è la situazione ma che Dio vi benedica", resto con tutta la paura che questa tremenda confusione mi ha provocato e arrivo ad una conclusione. Il mio sbaglio è stato quello di non essermi affidata sin dall'inizio al sistema privato, di essermi fidata del fatto che in questa città, in questo paese, esista ancora un diritto all'assistenza pubblica di buona qualità che tuteli quanti non hanno le possibilità economiche di fare altrimenti. Gravissimo dato, unito al fatto che, mi dispiace dirlo, i medici che ho incontrato hanno dimostrato di mancare di preparazione e di professionalità. Capisco le emergenze degli ospedali, ma se non hai intenzione di risolvere le questione in più di 4 minuti e di non prenderti alcuna responsabilità, allora non fai il medico. Io, ad esempio, non l'ho fatto. Spero che il mio bimbo stia bene, spero di avere avuto ragione di fidarmi delle sensazione del mio corpo e delle analisi di chi ha lavorato bene e in profondità. Dopodichè, essendo una ricercatrice che si occupa di sociologia della salute e della malattia, il reparto di ginecologia e ostetricia del policlinico sarà il prossimo teatro di una mia approfondita ricerca, che verrà pubblicata sulle riviste di settore, perché è importante capire se sono stata sfortunata io, o quello che mi è accaduto è una prassi di questo sistema.
A prestissimo, dunque. Non vedo l'ora.
Valentina Raffa
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