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Incubo
È da tanto tempo che penso di esprimere pubblicamente la mia profonda delusione per aver scelto questo reparto.
Siamo ai primi di dicembre 2015 quando entro nello studio privato del prof. Scambia. Sono già consapevole di avere un sarcoma endometriale di basso grado, gli comunico che un suo collega in un'altra struttura mi avrebbe operata (a cielo aperto) da lì a pochi giorni, e lui, gentilissimo, mi dice che se avessi scelto il Gemelli, mi avrebbe operata personalmente con il Da Vinci, il robot, mi avrebbe fatto un intervento più preciso e meno invasivo, in laparoscopia. Mi dà la sua parola che non avrei dovuto aspettare più di un mese per l'intervento. Lascio 370 euro ed accetto.
A fine dicembre vengo ricoverata, ma non riescono ad operarmi per problemi organizzativi, quindi il dott Scambia mi dice che se voglio proprio lui come chirurgo dobbiamo rimandare l'intervento di una quindicina di giorni, perché lui aveva prenotato la settimana bianca. Nel frattempo però, poiché il mio rene destro dà segni di sofferenza, in quanto il tumore è appoggiato sopra l'uretra, è necessario fare una nefrostomia.
Il 31 dicembre 2015, a 50 anni, sono uscita dall'ospedale con un tubicino attaccato al rene e una borsetta per le urine, con la promessa che entro il 15 gennaio sarei stata operata.
Il 16 gennaio 2016, poiché nessuno mi aveva chiamata, ho passato tutta la mattina al telefono riuscendo finalmente a fissare la data del ricovero il 17 e quella dell'intervento il 18.
In realtà l'intervento è poi avvenuto il 22 gennaio ma, nel frattempo, tutti i giorni ero tenuta a digiuno nell'attesa di essere operata.
Quando finalmente, stremata, sono stata portata in sala operatoria, mi rendo conto che non sarei stata operata dal grande dott. Scambia (come invece mi aveva detto chiaramente convincendomi ad abbandonare la strada precedente), ma da un suo collaboratore, e del Da Vinci nessuno sapeva nulla... A dire il vero l'impressione è che la mia problematica era stata poco approfondita e mal valutata, tanto che l'intervento inizia in laparoscopia ma poi successivamente viene convertito in laparotomia.
Circa 10 ore di intervento.
Non voglio dilungarmi troppo, dico solo che mi è venuta una brutta broncopolmonite (non diagnosticata e, quindi, non curata in ospedale), ho passato i successivi giorni che non riuscivo a respirare e neppure a tossire (a causa della ferita), ho ricevuto solo un paio di volte il pranzo (consistente in un po' di minestrina scondita), le altre volte il servizio mensa superava la mia stanza (probabilmente perché accanto al mio letto c'era la signora Angela, che poi è morta, che si alimentava solo con le flebo e quindi, non so per quale ragione, pensavano che anch'io non mangiassi).
Prima di uscire, invece di togliermi la nefrostomia di destra, me ne mettono erroneamente un'altra a sinistra.
Un incubo.
Le infermiere poco professionali, con i camici sporchi ... non avevano neppure i cerotti adatti a fissare l'ecocanula (avevo le braccia e le mani completamente nere).
Il martedì successivo finalmente sono riuscita ad allontanarmi da questo posto e, faticosamente, sono riuscita a riprendermi grazie alle cure della mia dolcissima mamma e all'amore di mio marito, di mia figlia e di tutta la mia famiglia.
Poche le persone umane che ho incontrato in questa situazione surreale, una è il dott. Petrillo Marco, il medico che mi ha operata, poi uno specializzando, un bel ragazzo alto e moro di cui non ricordo il nome, e un un'infermiere, Giulio.
Successivamente mi sono rivolta al Centro Tumori di Milano e da lì sono stata affidata al Campus biomedico di Trigoria, dove hanno immediatamente provveduto a togliermi le due nefrostomie e dove sono tutt'ora seguita con diligenza, professionalità e rispetto.
Altro mondo.
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