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Assistenza domiciliare
Mia suocera è stata operata alla fine dell'anno scorso in un'altra struttura per l'asportazione completa del polmone sinistro a causa di un tumore. L'operazione è perfettamente riuscita e, pertanto, la gestione post-operatoria è stata demandata al Dott. Cotroneo, in quanto esercita più vicino a casa della paziente. Purtroppo, dopo un paio di mesi, da una Tac di controllo è emerso che pure il polmone destro presentava cellule tumorali. Tuttavia l'entità del tumore era, almeno all'epoca, ancora minima e le prospettive di cura tramite immunoterapia discrete, tenendo conto dell'età della paziente e delle altre patologie (cardiovascolari) da cui è affetta. Il dottore ha prescritto pertanto un'analisi genetica per individuare la cura migliore, di cui non abbiamo ancora visto i risultati (e francamente cominciamo a dubitare che mai li vedremo) e ci ha comunicato che avrebbe seguito mia suocera secondo il protocollo di assistenza domiciliare. La cosa inizialmente ci ha tranquillizzato molto, perché la paziente sembrava faticare a riprendersi dall'operazione: lamentava forti problemi di stomaco, disfagia, rigurgito e perdeva peso a vista d'occhio. Né il medico né le due infermiere del programma di assistenza sembravano farci caso, nonostante continuassimo a ribadirlo, finché un giorno una delle due ha controllato la bocca impastata di mia suocera e ha suggerito che si trattasse di banale candidosi orale (il che però non spiegava il resto, come non lo spiegava neanche il tumore a questo stadio). Abbiamo dovuto insistere per farci dare un medicamento, addirittura suggerire la prescrizione di qualcosa di un po' più forte! Da lì è cominciata una via crucis durata un mese (il medico tra l'altro pare si fosse pure ammalato di Covid-19, quindi non è passato per due settimane): mia suocera peggiorava a vista d'occhio, faticava a bere, a deglutire le pastiglie, mangiare cibo solido era impossibile, riusciva a ingerire solo un po' di alimento liquido che si usa per integrare l'alimentazione di sportivi e anziani. Comunque troppo poco per sopravvivere. In più continuava a rigurgitare candida (perché di candida esofagea si trattava, ormai ne aveva fin dentro al naso!!!) ma l'oncologo solo per telefono, senza averla vista, ha sentenziato che si trattasse soltanto di muco polmonare. Ha giusto suggerito una flebo di glucosio "per tirarla un po' su" e di assumere gli oppioidi per i dolori. Alla fine, esasperati, abbiamo chiamato il 118: al PS hanno riscontrato un severo stato di denutrizione e disidratazione e una grave candidosi esofagea. Per questo è stata immediatamente ricoverata in Medicina Generale dove le hanno fatto immediatamente una flebo di antimicotico (altro che sciroppi per sciacquarsi la bocca!) e soprattutto le hanno somministrato nutrizione completa per via parenterale. In parole povere, STAVA MORENDO DI FAME, DI SETE E DIVORATA DALLA CANDIDA, ALTRO CHE TUMORE!!!!
A questo punto non sappiamo ancora se si riprenderà, quali danni questa negligenza le abbia provocato, tantomeno come nel frattempo sia evoluto il tumore, se mia suocera avrà modo di fare l'immunoterapia oppure no, se sceglierà ancora di farla, nel caso ce ne sia modo. Ma a un malato grave andrebbe garantito il diritto di scegliere LIBERAMENTE e LUCIDAMENTE del proprio destino quando può ancora farlo!
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