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La morte di un uomo per bene
Sono le 5.45 quando un ambulanza lo porta al pronto soccorso (il posto dove non sarebbe mai voluto andare) lucidissimo, febbre a 39.7, vomito continuo. Si rende conto che è in una situazione grave e chiede lui stesso di chiamare l'ambulanza; la sua mente è lucida come un ventenne. Arriva e lo mettono in codice giallo. Lo raggiungo in pronto soccorso alle ore 8.00 del mattino, riesco ad entrare, lo trovo sudato, non sembra avere la febbre, ha sete, gli dò dell’acqua, mi dice “ aiutami, nessuno mi guarda, mi sento male “. Provo a chiedere alle infermiere, mi dicono fra 4 persone tocca a lui; protesto debolmente: “signora è un cardiopatico, fate presto”. Lui resta in silenzio, sguardo severo di sempre, attento, mi dice di nuovo “cerca di fare qualcosa, sento che sta arrivando la fine, tranquillizza tua zia, non farla preoccupare “.. Dopo un po’ mi fanno uscire, “non può restare signora “, protesto, è debole, gli sto accanto e non dò disturbo. "Deve andare fuori, ci pensiamo noi “. Lui conosce la mia indole, non si lamenta, non richiama l’attenzione di nessuno, composto come sempre, mi dice “chiama, chiama qualcuno, non farmi morire qui, non andartene “.. Devo uscire zio, non mi fanno restare, stai tranquillo, adesso ti visitano, la febbre sembra scesa, non ti abbandono, stai tranquillo. Alle 11.15 esco fuori. Quest’uomo perbene mi telefona la prima volta alle 11.47 ancora con il suo grido di aiuto sommesso e pacato: sei sicura che mi visitano? io sto sempre molto male e qui non viene nessuno. Cerco di dirgli che andrà tutto bene e che presto si prenderanno cura di lui . “Sì ma quando!? Quando, dimmi Luciana, ascoltami, mezz’ora? Quanto tempo? Provo ad aspettare, ce la faranno fra mezz’ora?.. “. Dopo di questa tante chiamate al mio telefono, alle 14.02 l’ultima telefonata di aiuto: non mi hanno ancora visitato, sono passate tante mezzore e qui da me non è venuto nessuno. Poi il silenzio, sono terminate le sue telefonate. Mi reco verso il pronto soccorso e mentre ero per strada mi avvisano che è morto. È morto con il telefono in mano tentando di fare la decima telefonata a sua nipote. È morto così, un uomo perbene, in un “pronto“ soccorso “. Da solo. Ma aveva 90 anni, sarebbe morto comunque... Era stato un grande imprenditore edile, aveva dato lavoro a centinaia di famiglie, costruito ponti e acquedotti, ha mangiato pane che puzzava di asfalto insieme ai suoi operai.
Nessuna accusa a nessuno.
Si fidava di me, e io non sono riuscita ad aiutarlo.
È morto un uomo perbene al pronto soccorso di Pescara il 2 giugno 2022 alle ore 14.45. Solo. Senza pronto e senza soccorso.
Si chiamava D’Attanasio Bruno ed era mio zio.
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