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Pronto soccorso pediatrico
Nel giorno 27 febbraio ci rechiamo in ospedale per un'emergenza riguardante mio figlio di 3 anni. Dopo essere stati visitati al triage, siamo stati mandati in terapia con il bambino in evidente stato di malessere generale e decadimento e con febbre a 39.5. Veniamo parcheggiati in una stanza al di fuori del reparto senza bagno interno. L'infermiera ci porta una somministrazione di Nurofen per la febbre, quindi viene lasciato in attesa per più di un'ora in assenza di altri pazienti. Viene richiesto di prelevare un campione di urine utilizzando un bagno-container sito nel parcheggio esterno. Io e mio figlio maggiore siamo dovuti pertanto uscire dalla struttura con pessime condizioni meteo (vento e temperature basse) per portare il piccolo febbricitante nel bagno per il prelievo. Al rientro consegnamo il campione e dopo più di un'ora veniamo accolti dal medico. Il medico ci lascia in attesa all'interno dell'ambulatorio per un'altra ora dicendo di cercare la collaborazione di un altro medico. Morale, alle ore 19:30 arriva il secondo medico, una dottoressa con tono scocciato palesa le sue idee sul fatto che sono i pediatri a dover visitare i bambini e non loro in ospedale. Alchè io le rispondo che secondo il mio parere era una emergenza che non avrei potuto gestire a casa. Si congeda in maniera frettolosa e maleducata, rimandandoci al nostro medico curante.
Un mese fa io sono andata al pronto soccorso per me stessa e dopo svariate ore ho dovuto abbandonare l'idea di farmi visitare in quanto si parlava di più di 9 ore di attesa. Sicuramente la prossima volta mi rivolgerò al pronto soccorso di San Vito al Tagliamento, superiore in organizzazione e professionalità.
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