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Sede di S.Maria della Pace
Mio padre era in dimissioni al 30 settembre 2016, ma è morto il 19 dello stesso mese.
Aveva subìto una frattura del femore il 15 giugno 2016 e il medico ortopedico dell'Istituto Don Gnocchi aveva già autorizzato l'uso del carrello non ascellare.
La sua riabilitazione era stata difficile, poiché il piede della gamba fratturata era stato amputato nel 1957 a causa di un infortunio sul lavoro.
Mio padre era un campione e, grazie ai terapisti eccezionali della Fondazione Don Gnocchi, in particolare grazie alla Sig.ra Lionella, era riuscito a rimettersi in piedi.
Mio padre, che per la sua età (87 anni), aveva valori cronici di creatinina, al rientro dalle ferie del medico internista responsabile, è stato sottoposto a una dieta aproteica che lo ha indotto a digiunare, con diretta conseguenza in particolare sui valori del sodio, che incide sulla funzionalità dei muscoli e sulla corretta idratazione.
Mio padre si è indebolito; all'inizio della dieta accusava fatica durante gli esercizi fisioterapici e poi la notte tra il 12 e il 13 settembre ha cominciato a respirare male; infine è morto per un arresto cardiaco.
In realtà, la dieta aproteica praticata non era una vera dieta aproteica, ma una dieta in cui erano state tolte tutte le proteine, finché non ho aspramente protestato e ho parlato con il medico responsabile e la dietista dell'Istituto.
Ma questo non è bastato, poiché gli ausiliari infermieristici hanno continuato a sbagliare nella distribuzione dei pasti (ai familiari è severamente vietato portare cibi da casa anche per evitare infezioni alimentari).
Agli stessi assistenti infermieristici era affidato anche il compito di curare le piaghe da decubito.
Mio padre aveva alcune piaghe da decubito trattate dagli assistenti e una piaga del moncone che ho trattato di persona, poiché se non lo avessi fatto io, nessuno lo avrebbe fatto.
Durante il soggiorno c/o l'Istituto mio padre aveva contratto alcune infezioni urinarie - collegate all'utilizzo temporaneo necessario del catetere - risolte con terapie antibiotiche.
Inoltre, una sera aveva rischiato di soffocare per mancata assistenza infermieristica (una sola infermiera per circa 60 pazienti impegnata con il medico di guardia a soccorrere un'altra paziente a due stanze di distanza rispetto a quella di degenza di mio padre).
Di tutto quanto ho scritto esistono documenti (mail inviate all'Istituto e regolarmente lette e ricevute, in cui oltre a informare di quanto era accaduto, diffidavo lo stesso Istituto dal praticare una dieta così drastica a mio padre, poiché avevo interpellato i nefrologi di riferimento dell'Ospedale San Giovanni di Roma).
Grazie alla dieta, i valori di creatinina si sono abbassati.
A seguito delle mie reiterate proteste, il 12 settembre finalmente mio padre ha potuto mangiare a pranzo una porzione di pasta aproteica con il pomodoro.
E' stato questo l'ultimo pasto.
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