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Risvegli
Mia madre è stata operata a novembre 2015. La protesi che le è stata impiantata per permetterle di camminare (non aveva il femore rotto, ma un assottigliamento della cartilagine della testa del femore-anca), le è stata espiantata dopo una ventina di giorni. Dalla ferita infetta è uscito materiale purulento per mesi. Nel frattempo il decubito le perforava la carne producendo una piaga che metteva quasi a nudo l'osso sacro. Infezione, materiale purulento e cattivo odore per mesi. La Vac, un macchinario a cui era applicato un tubicino che andava nella ferita, era costantemente in funzione, ma la piaga era troppo profonda e probabilmente gli escrementi si infiltravano, visto che non si muoveva dal letto (catetere, flebo di antibiotici, tubicino-vac incastonato nella piaga). La gamba, senza più protesi, con un pezzo di anca in meno dopo l'espianto, era rivolta verso l'esterno, non si muoveva e non l'avrebbe sostenuta, se mai si fosse alzata. Al momento del ricovero, mamma pesava più di 100 kg e il medico che l'aveva presa in cura aveva espresso parere favorevole all'intervento,nonostante la mole e una situazione di anemia che ha richiesto tre trasfusioni, una delle quali subito dopo il primo intervento operatorio. Cuore e cervello in perfetto stato al momento del ricovero, mia madre se n'è andata tra atroci sofferenze all'inizio di marzo 2016, dopo embolia, ischemie, clostridium, vomito biliare. Mamma è morta così. In rianimazione per shock settico, setticemia.Fegato distrutto dalle terapie e reni da trapiantare perché non filtravano più. Mamma era nata in Egitto, Africa, è morta così a Roma, Italia. Pulizia e comunicazione, oltre ad una discutibile approssimazione negli interventi ortopedici fatti a catena, con poca prevenzione e valutazione dei rischi variabili da soggetto a soggetto, sono ancora i mali della nostra sanità. La morte mette tutto a tacere, ma forse non deve andare così. Almeno non più.
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