Dettagli Recensione

 
Ospedali e case di cura a Roma
Voto medio 
 
3.8
Competenza 
 
4.0
Assistenza 
 
3.0
Pulizia 
 
5.0
Servizi 
 
3.0

Hospice Il Girasole

Mi ero ripromessa e avevo promesso di pubblicare questa recensione, non appena ne fossi stata in grado... Ora, rendendomi conto che il momento giusto non arriverà mai, perché non posso e non potrò accettare l'inaccettabile, umanamente inaccettabile, mi espongo. Ho portato in questa struttura mio padre, con fatica, perché volevo restasse a casa, chi mi conosce sa cosa intendo, ma il periodo estivo rendeva tutto difficile e consapevole che non potevo fare il massimo da sola in casa, dopo il grande "verdetto", " non si può fare nulla", ho accettato di farmi aiutare, per la prima volta, perché ero già finita, non sfinita. E sfido chiunque, se lo vive, di nuovo, come me. "Non puoi aiutarlo da sola", un frastuono di parole... ma io, abituata a non chiedere aiuto, stavolta ero però sola davvero e così sì, ho accettato! Ma l'ho fatto seguendo lui, mio padre, in tutto e per tutto, corpo ed anima, in ogni notte, in ogni giorno, adeguando e rivoluzionando di nuovo la mia vita, chi mi conosce sa quanto già sia stata provata fortemente. Ho seguito mio padre, eravamo lì per farci aiutare per la prima volta nella vita. E da qui parlerò al plurale, perché non racconterò nulla che i miei occhi o il mio cuore non abbiano visto e ascoltato, al suo fianco. Io ero lì, giorno e notte. Non era tra chi andava e tornava ai pasti, non ero in alternanza con nessuno, semplicemente non ero mai in assenza.
Siamo arrivati all'Hospice e immediatamente ci siamo sentiti protetti, l'atmosfera era familiare, il campanello non aveva il tempo di emettere suoni che già nella nostra stanza interveniva un'assistenza gentile. I primi giorni tornavo a casa a tarda sera, perché ero tranquilla, lì c'erano gli angeli. E lo confermo a grande voce, qui ci sono gli angeli! Desara, per lei siamo andati lì, una persona fuori dal comune, un'infermiera di quelle che mia mamma, infermiera anche lei, ancora oggi, come in passato, avrebbe definito "la mejo". Desara Harushaj per essere precisi, in questo caso (come in pochi altri) voglio sia in chiaro nome e cognome, è la medicina fatta persona, soprattutto la terapia per ogni essere umano che affronta la fase più difficile, quella terminale, una fase che (molti trascurano) coinvolge anche le persone più vicine. Bene, perdonatemi se mi dilungo, ma questa stessa persona che in teoria dovrebbe e potrebbe fare solo il suo mestiere e portare lo stipendio a casa, è la persona che ha guadagnato il cuore prima di mia madre, poi di mio padre...sempre al mio fianco, mi ha aiutata, supportata e sostenuta nei momenti più difficili della mia vita.... e questo prescinde dal dovere, fa parte di quello che i familiari sofferenti e soprattutto le persone per bene, come me, chiamano "cuore". Lei si, è un vero Angelo e accanto a lei non posso esimermi dal citare il nome (per esteso, non a caso) di altri Angeli, che non è a caso che definisco tali. Giuseppe Di Fonzo, persona per bene, grande professionista, che Dio ti benedica, sempre, essenziale in Hospice, grande persona, grande riferimento per papà (negli ultimi giorni sperava sempre ci fosse lui oltre agli altri suoi "buoni", coloro che lo facevano sentire a proprio agio e al sicuro, quantomeno accudito), e non solo per papà, grande anima buona per tutti. Aura Petrea, non dimenticherò mai le ultime ore (neanche le precedenti) in cui mi hai aiutata (io sfinita) a coccolare e calmare papà... per te, riservava, come per Sara e Giuseppe, il suo più dolce sorriso. Elva, dolcissima, al fianco di Aura, nell'aiutarlo a sentire quel pavimento che voleva ancora per una volta calpestare prima di volare. Grazie Mirela, presente anche dopo la a perdita, io non dimentico. Grazie agli Oss, Antonella Prosperi prima fra tutti, a te aquilotta, un dolce abbraccio dalla mia grande aquila biancoceleste che ora tifa dagli spalti del cielo. Grazie Stefan, sei giovane, ma ce ne fossero come te.. Grazie al Primario, anche se ci ho parlato solo una volta, ma gentile e disponibile, grazie alla Dottoressa, presente fino all'ultimo giorno e gentile (unico rammarico: avrei preferito mi dicesse che erano gli ultimi momenti, lo avevo capito da sola, solo perché ci ero passata con mamma... Ma io avevo bisogno di avvicinarmi alla verità, anche se la conoscevo, stavolta non da sola). Ho finito i saluti del cuore... Grazie a Vanessa, Ylenia ed Alessia, gentilissime.
Ora la verità che piace poco ricordare. Nel corso della nostra permanenza in Hospice avevo un solo grande dilemma, quello che ho identificato immediatamente e definisco tuttora come "il turno brutto brutto", più volte rappresentato ai vertici della struttura. Conoscendo le leggi, mi attengo. R., cambia mestiere, fallo per buon senso, non certo per una recensione, tanto meno per un pensiero strettamente personale (personale però di tutti i familiari di altri pazienti con i quali ho condiviso quei momenti); quantomeno lascia quel reparto, esercita la professione che hai scelto (che a mio avviso non ti appartiene, anche solo per i modi bruschi, che diventano irreprensibili quando si avvicinano o superiori) non dove il tuo modo di fare non si addice al dolore di chi si appresta a lasciare i suoi affetti e di chi, al suo fianco, vive la perdita, dove malati terminali affrontano il dolore e sono consapevoli di dover lasciare i propri cari. Non racconterò nei dettagli le ultime ore di mio padre (e con questo ti sto facendo un favore) perché rischio di farmi troppo male a riviverle anche solo attraverso una tastiera, ma ho una trentina di testimoni che potrò attivare a forze ritrovate. Il turno brutto, dove io ero costretta a vegliare e mi sono trovata sola, a sentirmi dire che potevo suonare il campanello quando mio padre, il mio Amore, avesse smesso di respirare. Chiusa in una stanza a contare i respiri sempre più radi, lo hai ridestato con uno schiaffetto sul viso per testare se la morfina lo avesse sedato, perché non si svegliava da ore (per fortuna, era sereno); ha aperto gli occhi terrorizzato, per poi entrare in gasping (sono figlia di un'infermiera, non mi affido a Google). Da lì pochi minuti vissuti purtroppo da papà con più lucidità di quanto sperassi, e di quanto meriterebbe ogni essere umano. Io questo non lo auguro a nessuno, neanche a te che mi hai fatto vivere questo, però ad ognuno resterà la propria coscienza, anche a chi questo reparto, delicato, lo dirige. E io mi rivolgo proprio a loro, abbiate cura di chi davvero ha bisogno. Io vi ringrazio, fino al 01/09...
Un Reparto che riempie il cuore. Vi prego, fate in modo che nessuno tolga calore a chi già non ne ha, o non ne avrà più. Voi due, quando trattate con freddezza un familiare sofferente o con leggerezza e in malo modo un morente, voltatevi a guardare i vostri cari e cercate il perdono di Dio, se in lui credete.

Patologia trattata
Tumore terminale.
Esito della cura
Nessuna guarigione

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