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Figlia di paziente
Ho avuto a che fare con l'ospedale di Rionero quando mio padre si è ammalato di tumore alla vescica. A febbraio mio papà si è operato a Torino, dopo un mese ha avuto una recidiva e, per via della lontananza, in quanto i miei abitano in Basilicata, abbiamo deciso di rivolgerci al Crob di Rionero. Nel mese di ottobre si è formata una fistola sulla pancia che loro hanno ritenuto di non dover trattare, aggravando così le condizioni di un uomo già pesantemente debilitato. Successivamente l'hanno sottoposto ad una radio massacrante che gli ha provocato un calo di piastrine fino al sette novembre, quando ormai hanno tentato, invano, di fare una trasfusione di piastrine. La situazione è andata sempre peggiorando fino alla notte dell'otto novembre quando, in piena emorragia, mio padre non ha ricevuto assistenza né professionale, né umana. Nessuno si è visto in stanza fino all'una e trenta, chiamati da noi perché mio papà era in evidente sofferenza fisica. All'una e 45 è spirato nell'indifferenza totale all'età di 64 anni. Non è detto che dai tumori di esca vivi, ma bisogna fornire ai pazienti assistenza adeguata per evitare loro ulteriori sofferenze.
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