Dettagli Recensione
Una esperienza da girone dantesco
Ecco la segnalazione scritta in merito ai “disguidi” e alle negligenze e alle gravi carenze riscontrate nel corso della permanenza di Annamaria Camerini, anni 81 e vittima di ischemia plurima, presso il Vs. Istituto.
La paziente è entrata a Palazzolo, proveniente dall’Istituto Humanitas, lo scorso febbraio.
A seguito della permanenza al secondo piano, riabilitazione, la paziente è passata al primo piano, in regime di solvenza.
Dopo pochi giorni di permanenza sono sorti i primi problemi.
Proviamo ad elencare in ordine, con riferimenti temporali, quanto accennato.
In più occasioni, a supporto dei figli, per accudire la paziente, si recava all’Istituto Palazzolo un’amica di famiglia.
Il personale in servizio, sia OSS, sia infermieristico, alle richieste della signora, poste sempre con estrema gentilezza e educazione (ad esempio di avere i parametri appena rilevati per poterli riferire ai familiari), rispondevano con aggressività e maleducazione.
Nel corso di uno dei tanti giorni di permanenza all’Istituto Palazzolo, constatato il preoccupante stato di salute della paziente, il relatore della presente, saliva al secondo piano per chiedere del medico di guardia, bussando alla sua porta, chiusa a chiave e con la luce spenta.
Il medico di guardia si è infilato il camice, ha acceso la luce ed ha aperto la porta chiusa a chiave (la porta ha un ampio vetro posto in mezzo per cui è agevolmente visibile ciò che accade all’interno della stanza).
L’impressione è che il medico stesse concedendosi un momento di riposo e di sonno. La vicenda si è ripetuta con un altro turno domenicale e con un altro medico.
In occasione della pulizia personale dei pazienti le OSS e/o le ASA sono sempre entrate nelle stanze urlando e accendendo tutte le luci a qualsiasi ora ed anche se i pazienti dormivano.
In più di un’occasione la paziente è stata trattata in modo brusco e inumano, senza alcuna attenzione alla gamba semi inferma a seguito di emiparesi sul lato destro del corpo, e senza cautela a non togliere la parrucca che crea particolare disagio alla paziente.
In più di ogni occasione sia all’amica di famiglia Elvira Barbatano, sia alla ragazza che ha sostenuto la famiglia con la propria presenza presso l’Istituto, personale infermieristico e parainfermieristico (in alcuni casi anche due medici uomini), si è rivolto con il “tu” e con evidente cafonaggine e maleducazione.
In occasione di un conato di vomito e di una perdita di conoscenza di cui è rimasta vittima la paziente, la figlia, Barbara Apuzzo, si è trovata sola al bar a dover gestire la situazione. Alla richiesta di aiuto è stato risposto da un’infermiera di “portarla al suo piano”.
Una mattina alle ore 11.00, all’arrivo della sig.ra Elvira Barbatano, la paziente è stata trovata in stato di totale abbandono, penzolante dalla sedia a rotelle.
La stessa sig.ra Barbatano, alla ricerca di un’infermiera, bussava in una stanza con la porta a vetro dove vi erano diverse infermiere e OSS sdraiate a terra intente a fare ginnastica, e veniva apostrofata in malo modo.
Ogni normale richiesta di assistenza per la paziente, avanzata con educazione e gentilezza, è sempre stata vissuta dalle operatrici come una concessione e un fastidio.
Segnalo però anche l’atteggiamento scrupoloso e umano delle dottoresse Galetti e Spannocchi (e di un medico israeliano di cui non ricordo il nome).
Nonostante tali attenzioni, la salute della paziente, da quando è stata ricoverata al primo piano, è andata progressivamente peggiorando. La paziente è entrata al “Palazzolo” in grado di proferire chiaramente diverse parole, di camminare, seppur con il supporto di qualcuno, estremamente forte, vigile e presente. Dopo un mese di ricovero all’Istituto, la paziente aveva perso ogni capacità di linguaggio, di deambulazione e restava vittima di patologie non presenti al momento del ricovero. Tra le patologie sorte all’Istituto “Palazzolo” si segnalano una grave infezione alle vie urinarie, un’infezione alle vie aeree e polmonari, una grave piaga da decubito all’osso sacro, segnalata e mai curata né guarita con competenza e capacità professionale. Al “Palazzolo” la paziente ha perso la capacità di nutrirsi autonomamente, costretta a vivere con la nutrizione forzata con sondino. Nel corso del ricovero nostra madre è stata imbottita di tranquillanti e di psicofarmaci, terapie che non ha mai utilizzato nel corso della propria vita. Alle nostre insistenti domande sul perché la mamma fosse così poco vigile, le risposte dei medici erano sempre le stesse: “è la febbre, l'antibiotico etc.”, senza mai ammettere o comunicarci la somministrazione di dosi anche consistenti di psico farmaci.
La febbre, mai debellata, così come la piaga da decubito e le infezioni (vie urinarie etc.) si sono protratte fino a parecchio tempo dopo le dimissioni. All’annuncio della famiglia di voler trasferire la paziente in altra struttura (Anni Azzurri di Opera), i medici riferivano l’insorgenza di complicazioni che ne avrebbero impedito le dimissioni, ottenendo il rinvio delle stesse e la ulteriore permanenza della paziente presso la struttura. L’impressione evidente è stata quella della non volontà da parte dell’Istituto di dimettere la paziente, al solo fine di incassare la retta della sua permanenza presso la medesima struttura.
Di casi simili ci hanno purtroppo abituati le inchieste della magistratura sulla cosiddetta “sanità lombarda” alla Formigoni e gli intrecci reticolari di Comunione e Liberazione-Compagnia delle Opere.
Riusciti finalmente a liberare nostra madre dall’Istituto “Palazzolo”, la paziente è giunta agli “Anni Azzurri” di Opera, dove lentamente e con difficoltà di non poco conto, è riuscita a guarire dalle infezioni contratte al “Palazzolo”, di cui almeno due antibiotico resistenti, alla piaga da decubito e a recuperare le basilari funzioni vitali.
Nostra madre si sta stabilizzando e sta recuperando alcune delle proprie funzioni vitali, perse nel corso dell’infausta degenza presso il “Palazzolo”.
La non professionalità e la maleducazione del personale, senza distinzioni tra personale medico e paramedico e OSS o ASA, sembrano fare meramente da sfondo grigio ad un disegno preciso di interessi economici della struttura o ad una negligenza e totale mancanza di coordinamento e visione etica di approccio e di rispetto nei confronti dei pazienti.
Ricordo con precisione alcune modalità degli operatori: se un degente suonava il campanello di chiamata di soccorso ripetutamente, tale pulsante veniva rimosso, se una paziente urlava o chiedeva assistenza le veniva chiusa la porta. Sono state settimane, mesi, da incubo che non auguriamo di vivere a nessuna persona anziana e ai parenti.
Stefano Apuzzo (7 luglio 2016)
Commenti
Mi ha colpito però una differenza rispetto agli altri commenti: che questo trattamento si sia verificato nel reparto solventi. Quindi anche a chi paga migliaia di euro/mese non offrono un'assistenza più decente, non assicurano una maggiore presenza di personale? Pagando ci si assicura solo di "saltare la fila", ma si finisce nella stessa situazione, magari solo con la camera un po' meno fatiscente?
Uscito dopo 20 giorni di degenza a pagamento, peggiorato, non autosufficiente e secondo me (ma non sono un medico) con una cura sbagliata.
Era entrato qui per la ricerca di una terapia per la gestione a casa con badante (è pieno di allucinazioni e ha molta agitazione), ma ora è sempre peggio.
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