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Pronto soccorso inefficiente
Per motivi di lavoro frequento tutti gli ospedali di Milano, Sesto S.Giovanni, Cinisello Balsamo, Humanitas e San Donato M.se da almeno vent'anni e per questo credo di conoscere un po' questi ambienti di lavoro, che non sempre sono all'altezza della situazione in termini di prestazioni mediche, strutturali, organizzative ma, soprattutto, in termini di comunicazione tra paziente e medico e tra medico e parenti. Ho avuto la sfortuna di vivere in prima persona una esperienza molto negativa presso il pronto soccorso dell'ospedale di San Donato, ove sono stato costretto dai lettighieri dell'ambulanza intervenuta a trasportare mia madre di 95 anni, colpita da ischemia cerebrale. Ivi giunta, in codice giallo, dopo una sommaria visita veniva parcheggiata su un lettino in una stanza dove non era possibile starle vicino anche solo per conforto. Nessuna notizia sulle cause, sulle condizioni, sulla terapia in corso, nulla di nulla. Quando poi provavi a chiedere qualcosa ai numerosi infermieri, tutti di nazionalità straniera che facevano o fingevano di non capirti, ti mandavano via con mille scuse; che dire poi delle scarne informazioni avute dai medici di turno, che non ho mai visto visitare mia madre, che era in evidente difficoltà anche per via di patologie pregresse. In alcune occasioni io stesso ho fatto notare che mia madre andava cambiata, lavata, cambiate le medicazioni alle braccia, dove aveva inseriti gli aghi per le flebo e per questo e per tante altre cose che potrei elencare stare in quel posto e' stato un incubo per noi... Lascio quindi immaginare per mia madre. Quello che mi preme di più evidenziare e denunciare come grave mancanza e' l'assenza della comunicazione che DEVE esserci tra medici e pazienti (quando questi sono coscienti), tra medici e parenti e tra quest'ultimi ed il personale infermieristico, che in tema di rapporti personali lascia davvero a desiderare. Persone fredde, insensibili, a volte verso gli stessi pazienti, indifferenti verso i parenti che in quei momenti hanno bisogno di ben altro. Chiudo con il ricordo di un giovane medico che entra nelle sale del pronto soccorso urlando a più non posso, con frasi composte composte solo da parole volgari come ca..o o mer.e senza curarsi minimamente delle tante sofferenze che erano presenti. Termino con una domanda: tra paziente, medico e parente, chi è la vittima?
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