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Papà non c’é piú
Purtroppo posso condividere una pessima esperienza in questa struttura, conclusasi infine con il decesso di mio padre. Entrato in struttura a novembre 2021, é passato dall’avere “soltanto” un’emiparesi sinistra all’avere, in breve, piaghe da decubito di 3° grado, un batterio nelle feci, infezioni nelle vie urinarie dovute al catetere, polmonite ab ingestis causata dal sondino (tutto documentato da cartella clinica), un quasi blocco intestinale e, dulcis in fundo, il COVID che, secondo gli stessi operatori, dilagava in struttura a gennaio (bloccarono le visite dei parenti, si fecero rarissime anche le giá poche videochiamate con casa, la fisioterapia si faceva soprattutto da “allettati”, non si faceva affatto la logopedia…). Il tutto aggravato dal fatto che non sono mai riusciti a somministrargli la terza dose di vaccino anche per “intoppi burocratici”.
Trasportato d’urgenza a Lecce a febbraio per insufficienza respiratoria, fibrillazione cardiaca e blocco intestinale, é arrivato in condizioni disperatissime al pronto soccorso. Un paio di settimane dopo non c’era più. Risultando ancora positivo al COVID al test molecolare, non é stato possibile assisterlo, salutarlo, abbracciarlo per l’ultima volta. Ci é stato restituito in un sacco nero senza nemmeno un vestito addosso, esclusa ogni possibilità di un funerale. Un dolore terribile che ancora oggi ci tormenta. Nessuno merita una fine così, né i parenti meritano di vedere un proprio caro in quelle condizioni. Non lo augurerei al mio peggior nemico. Non sono un medico e non so se sarebbe stato possibile salvarlo ed evitargli l’insorgenza di tutte le patologie predette, tuttavia sono personalmente convinta che avremmo potuto evitargli il tragico epilogo portandolo da un’altra parte all’uscita dalla Stroke unit di Lecce (dirottano tutti a Casarano in automatismo…) oppure insistendo nel suo immediato ricovero a Lecce appena preso il COVID (si sentiva stesse già male, anche la saturazione era notevolmente bassa e tossiva molto, si lamentava di un dolore al petto per telefono…).
Spendo le uniche due parole buone per Alex e Antonio, gli infermieri, che hanno dimostrato il loro lato umano nei confronti di papà e che, spero, lo abbiano fatto sentire meno solo, essendo lontano forzosamente dalla sua casa e dagli affetti di una vita. Una mano sulla coscienza per il resto degli operatori con i quali, tuttavia, é stato difficile e sommario mettersi anche solo in contatto. Un pensiero per mia madre che adesso, con gli acciacchi dell’età e senza la mano sempre salda di suo marito, dovrà andare avanti da sola.
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