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Taglio cesareo d’urgenza
Ho partorito all’ospedale di Grosseto nel giugno 2023. Premesso che abito molto lontano dall’ospedale, e che era la mia prima gravidanza. Mi reco in reparto per dolori da contrazioni regolari. Mi viene fatto monitoraggio con annesse battute che minimizzavano la mia sofferenza. Finché non arrivi a 4 cm, di dilatazione non ti ricoverano, per cui sono stata rispedita a casa ben 2 volte a distanza di 12 ore, nonostante il mio stato ansioso ed il fatto che vivessi lontano e nonostante avergli fatto notare che mi sarei sentita più tranquilla a rimanere in ospedale. Alle 5.00 del giorno dopo vengo finalmente ricoverata per rottura delle membrane e la dilatazione era arrivata a 4 cm. Mi fanno il tampone molecolare Covid, ma il risultato dal laboratorio non arriva, così ci hanno fatto stare in sala d’attesa fino alle ore 09:00 (non possono dare una stanza finché non hanno il risultato del tampone). Io, in preda a forti dolori del travaglio, accampata sulle sedie della sala di attesa insieme a mio marito, con tutto il via vai di gente. Ci danno una normalissima stanza di degenza, tripla con bagno fuori, mi fanno fare una doccia e ci abbandonano lì per ore, nessuno che viene a vedere come sto, ad aiutarmi a gestire il dolore o a visitarmi, fino a che verso le 15:00 chiedo l’epidurale per disperazione. Mi dicono di aspettare “perché sto andando bene”, ma su quale base se nemmeno mi avevano visitata in quelle 10 ore?!? Dopo una mezz’ora insisto di nuovo, non ce la facevo proprio più, forte anche del sostegno a distanza del mio ginecologo, che mi ribadisce che l'epidurale è un mio diritto. A queste parole magicamente mi portano dalla ginecologa di turno per farmi visitare, ero solo a 6 cm. dopo tutte quelle ore. Mi dicono però che devo aspettare ancora, perché l’anestesista è uno solo ed era in procinto di entrare a fare un cesareo. Io sconfortata al massimo, vengo a quel punto portata in sala Travaglio, dove c’è una vasca inutilizzabile (non si sa bene perché). Nell’attesa mi fanno fare il gas. Verso le 17:30 mi fanno finalmente l’epidurale con una dose iniziale abbastanza bassa, che però mi dà un grande sollievo. La ginecologa di turno decide di rompermi il sacco del tutto (avevo avuto una rottura alta), ma non ci riesce in nessun modo. Dopo circa 2 ore vedo il personale che inizia ad allarmarsi (ero ovviamente sotto monitoraggio continuo): la bambina era andata in sofferenza per cui taglio cesareo d’urgenza, con mio grandissimo dispiacere per come erano andate le cose. Non so se le cose sarebbero potute andare diversamente e finire con un bel parto naturale, ma quello che posso dire è che mi è rimasto un grande amaro in bocca, riguardo alla totale mancanza di empatia da parte del personale, che mi ignoravano o sminuivano ciò che io provavo, facendomi sentire tremendamente incompresa. Poi consiglierei di rimettere in funzione la vasca e in più attivare il monitoraggio wireless, in modo da poter camminare anche quando si è sotto monitoraggio (ho saputo che questo dovrebbe essere stato attivato nel mese di luglio). Un’altra cosa: se vi trovate davanti una persona estremamente ansiosa e che viene da lontano, ricoveratela anche se non è ancora a 4 cm, è segno di umanità e comprensione, specie se come me si è avuto prodromi e fase latente dolorosa e prolungata.
Insomma c’è molto da lavorare, ma credo che con un pizzico in più, magari qualche cesareo d’urgenza si può evitare o comunque se proprio cesareo deve essere, l’esperienza risulterebbe nel complesso più positiva, anziché traumatica. Un plauso va unicamente al dott. Antonios Kenanidis, che mi ha seguito per tutta la gravidanza, a distanza durante il parto, che è stato inaspettato a 39+1, e mi è stato vicino nel post parto.
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