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Anno 1995: Terapia Intensiva coronarica
Nell'agosto del 1995 ho perso mio padre, deceduto all'età di 57 anni a causa di un infarto. Il 9 agosto mio padre accompagnato da noi al pronto soccorso in seguito a dolori al torace, nella notte ebbe un infarto. Rimase circa 10 giorni in terapia intensiva. A giudizio dei medici poteva tornare a casa. Prima di dimetterlo venne sottoposto ad un primo test da sforzo, ritenuto poi controindicato dai Medici Legali d'ufficio, in quanto trattavasi di paziente già infartuato e con serie complicanze. Diversamente, mio padre avrebbe dovuto essere sottoposto ad una coronarografia.
Il giorno successivo venne disposto un secondo test ergometrico con copertura farmacologica.
Nonostante mio padre avesse già manifestato segni di ischemia miocardica nel corso del primo test ad un livello da sforzo di 50 W e, successivamente, anche nel corso del secondo allo stesso livello da sforzo, il test non venne interrotto, ma addirittura eseguito al livello di 100 W, determinando così la rottura del muscolo papillare. Occorreva pertanto trasferirlo a Bari per intervenire chirurgicamente entro 12 o 24 ore al massimo. Si superarono ,invece, le 30 ore, arrivando a Bari troppo tardi; l'ambulanza, prima di dirigersi verso Bari, con mio padre a bordo, attraversò tutta la città per rifornirsi di carburante al distributore convenzionato. L'autopsia effettuata a Bari evidenziò successivamente la rottura del muscolo papillare del ventricolo sinistro, che aveva causato un edema polmonare e quindi la morte. A seguito del nostro esposto alla Procura della Repubblica, abbiamo ricevuto in parte giustizia, dal momento che, grazie a Giudici e a Medici Legali onesti, sono stati condannati, fino in Cassazione il 17/4/2009 ad otto mesi di reclusione pena sospesa, un medico ed il primario dell'Unità di Terapia Intensiva coronarica dell'attuale ospedale "A.Perrino" di Brindisi.
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