Dettagli Recensione

 
Ospedale Molinette di Torino
Voto medio 
 
2.0
Competenza 
 
1.0
Assistenza 
 
1.0
Pulizia 
 
3.0
Servizi 
 
3.0

Esperienza molto negativa

Abbiamo portato mia mamma in p.s. alle Molinette il 27 settembre su consiglio del medico colonscopista (dove si era recata perchè risultavano dagli esami sangue nelle feci e anemia), perchè con la colonscopia non trovava nulla, ma sospettava qualcosa di serio. Al p.s., dopo molta riluttanza, finalmente le fanno una t.a.c., che evidenzia un tumore al rene sinistro all'ultimo stadio con numerose metastasi ossee e numerosi linfonodi. L'urologo che la visita e esamina la t.a.c., dà l'indicazione precisa e per iscritto alla nefrectomia totale, solo palliativa e non curativa, ma utile per ritardare il proliferare velocissimo delle cellule cancerose e le metastasi, e soprattutto utile per non farla morire fra "dolori atroci" - parole dell'urologo (che la iscrive in lista d'attesa per l'intervento, previa biopsia). Viene ricoverata però in oncologia 1 e affidata alle cure della Dott.ssa Chiappino, che da subito si dimostra freddissima, totalmente priva di empatia ed avara di spiegazioni. Dice di essere contraria alla nefrectomia, consiglia invece i farmaci antiangiogenetici (che ho poi saputo dopo, impiegano mesi per dimostrare se hanno fatto effetto o no) e inizia un percorso di perdita di tempo preziosissimo per la mia mamma, fra la profonda disorganizzazione di tutto il sistema: ricoverata per 10 giorni per fare una biopsia e una seduta di radioterapia alla colonna vertebrale perchè le metastasi stanno per comprimere il midollo; ci dicono che basta così, la radioterapia è una e basta! Dimessa dall'ospedale, dovrà aspettare fino al 27 ottobre per essere rivista dalla Dott.ssa Chiappino, che continua a negare l'utilità della nefrectomia, continua a proporre antiangiogenetici, bifosfonati, che però richiedono inutili e faticosissime visite al centro universitario dentistico di Via Nizza, dove, peraltro, un paziente oncologico viene considerato con lo stesso metro di giudizio di una persona in perfetta forma fisica, e quindi aspetta mesi per un'estrazione dentale necessaria per poter prendere i bifosfonati. La dott.ssa Chiappino insiste così tanto per evitare la nefrectomia, che alla fine la mia mamma cede (con molti dubbi) e accetta di iniziare la terapia antiangiogenetica con appuntamento il 4 novembre; però il 31 ottobre, dato che i dolori ossei sono aumentati, viene nuovamente ricoverata e la dott.ssa Chiappino le dice che il protocollo prevede che il paziente non debba essere ricoverato per poter iniziare gli antiangiogenetici; così io e la mia mamma insistiamo perchè la dimettano per poter iniziare la cura. Viene dimessa alle 19.00 del 3 novembre per dover essere presente nuovamente nello stesso ospedale alle ore 08.00 del 4 novembre; la mattina del 4 novembre a casa, sfinita, si sbilancia e si rompe un braccio, ma vuole ugualmente iniziare la terapia e quindi la porto alle Molinette ma... la Dott.ssa Chiappino in presenza di frattura rifiuta di iniziare la cura sempre per ragioni di protocollo. Non racconto la quantità di consulenze mediche ordinate dalla Dott.ssa Chiappino e dal reparto di oncologia 1 che si sono susseguite nel mese, perchè mi dilungherei troppo. La mia mamma ha smesso di vivere il 23 novembre... fra dolori atroci, come aveva pronosticato l'urologo che l'aveva visitata il 27 settembre. In questo lasso di tempo alla mia mamma è stata concessa una sola TAC... già, perchè nel terzo ricovero avvenuto nel pomeriggio del 4 novembre, dopo la frattura al braccio, nel reparto di Medicina Interna 6 un medico (di cui non ricordo il nome) mi dice testuali parole: potrei farle un'altra TAC, ma a cosa serve? potrei farle un'altra radioterapia, ma dove gliela faccio? Alla domanda che tutti i parenti fanno in queste situazioni e cioè "quanto tempo le rimane?" ci hanno sempre risposto dai 6 mesi a 1 anno.. Ma come dicevo prima, la mia mamma è mancata molto molto prima. Perchè? L'unica cosa di cui sono sicura è che ci abbiano buttato fumo negli occhi con tutte quelle consulenze (sembra che un oncologo non sappia cos'è un cuore e un cardiologo non sappia cos'è una colonna vertebrale, ogni medico conosce solo il suo piccolo organo per il quale è specializzato!?!) che significano molti giorni di attesa che un paziente oncologico non si può permettere. L'unico medico corretto professionalmente e intellettualmente in questa vicenda è stato l'urologo del reparto del Prof. Brea. So che la mia mamma non si poteva salvare, ma l'Ospedale non ha fatto niente per farla vivere anche solo un giorno in più, e questo secondo me è orribile. Ci rimangono la professionalità e l'umanità con cui la mia mamma è stata assistita nei suoi ultimi giorni, a casa sua, dello staff dell'Associazione Il Faro, persone meravigliose, oserei dire angeliche....

Patologia trattata
Carcinoma renale sx a cellule chiare.
Esito della cura
Nessuna guarigione

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