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Visita in ambulatorio
Stamane ho accompagnato una mia parente ad una visita. Premessa: sono uno studente iscritto al Cdl di Medicina e Chirurgia. In sala d’attesa i pazienti a un certo punto vengono chiamati, strillando, da un’infermiera:” chi é dall’oncologia?” “Chi dall’ematologia?” - della serie che se non volevi far sapere al resto delle mille persone le tua “storia clinica”, te lo puoi anche scordare (evviva la privacy!). Un’infermiera ci dice, dopo aver visto l’impegnativa del medico di base, di posizionarci di fronte ad un ambulatorio; ne esce la dottoressa, che dopo uno sguardo veloce ai documenti, ci rimprovera malamente per esserci posizionati davanti il suo ambulatorio. Una signora sui 70 anni tenta di condividere, sempre in sala d’attesa nel bel mezzo del “pubblico di sala”, un’informazione con un'altra dottoressa che, senza averla mai vista né ascoltata, la rimprovera di stare zitta. A quel punto mi sono guardato intorno e ho letto nelle facce degli altri pazienti in attesa di visita un misto tra rabbia e paura: sembrava di essere tutti tornati alle elementari, dall’uomo in completo grigio seduto alla mia destra, alla mamma con annessa figlia alla mia sinistra. Mi sono sentito triste per loro all’improvviso. Rientriamo dalla prima dottoressa, quella dell’ambulatorio, la visita inizia. Purtroppo il mio parente si rivolge a lei dandole della signora anziché della dottoressa, e lei specifica che sí, è una dottoressa. Nulla di male in questo se non fosse stato fatto con tono stizzito. Reazione sicuramente esagerata. Ma come direbbe Totò, dottori si diventa, signori si nasce. Poi non si faccia di tutta l’erba un fascio: i medici sono preparati e competenti, su questo nulla da dire, ma io seduto lì in sala d’attesa una cosa l’ho capita: ci sono medici che ti insegnano che medico vorresti diventare e quelli che ti insegnano che tipo di medico non vorresti assolutamente essere.
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