Pneumologia oncologica 1 San Camillo
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Scortesia
Soffro da anni di una grave insufficienza respiratoria a causa della presenza di bronchiectasie ed enfisema, sono in ossigenoterapia.
Sono stata inviata al dott. G. Pallone dal medico che mi ha seguito per anni con competenza professionale ed umana, il dott. E. Li Bianchi, che è andato in pensione.
Prima di ieri avevo incontrato il dott. Pallone 2 volte, una volta per redigere il piano terapeutico e l'altra per un controllo generale in regime intra-moenia. 15 giorni fa ho chiesto un nuovo appuntamento per valutare la terapia che non mi garantisce da frequenti crisi respiratorie; con un messaggio il dottore mi ha fissato una visita per ieri in reparto, che per me avrebbe dovuto essere in intra-moenia, come la precedente. L'infermiera a cui mi sono rivolta all'arrivo mi ha detto di prendere il numero e attendere. Dopo aver atteso circa 2 ore in corridoio, mi sono inoltrata e ho incontrato il dottore, non ricordava l'appuntamento dato, ha controllato sul suo telefono e mi ha detto di andare nella sua stanza, che già conoscevo. Nella stanza ho trovato una persona in camice bianco seduta alla scrivania che non si è qualificata. Quando il dr. Pallone è arrivato, ha informato sommariamente la persona della mia patologia invitandomi a parlare. Prima di parlare di me ho chiesto, rivolgendomi alla sconosciuta con le parole : "scusi ma lei chi è?". Il dr. Pallone è insorto dicendomi che sono antipatica, che era evidente trattarsi di una dottoressa. Quando ho risposto che nessuno me lo aveva detto, che mi ero sentita ignorata e che desideravo sapere a che titolo un'altra persona dovesse assistere alla visita, in malo modo mi ha invitato ad andare altrove. Cosa che ovviamente ho immediatamente fatto. Il dr. Pallone ha anche sostenuto che io non avevo diritto a fare alcuna domanda perché era come entrare "in casa d'altri" e non adeguarsi. Penso che un ospedale non sia la casa dei medici, nè degli infermieri, nè dei pazienti, ma che tutti si debba condividere questo luogo con rispetto reciproco. Penso che una visita specialistica sia un fatto intimo importante che richiede, oltre alle competenze scientifiche- mediche, capacità relazionali umane che in questo caso non sono pervenute. Non mi ero infastidita per la lunga attesa, certo non piacevole, e cercando di preservare un clima favorevole avevo anche proposto di rinviare la visita. Non è bastato! Mi rivolgerò ad altri!
Pessima esperienza
Dopo aver proposto in modo approssimativo un protocollo sperimentale (assicurando un trattamento base di Cisplatino e Gemcitabina), alle domande di mia zia che chiedeva ulteriori spiegazioni, un illustrissimo professore di questo ospedale ha pensato bene, con fare infastidito, di dirle che non era in grado di decidere e che legalmente dovevo essere io a decidere... Sono rimasta senza parole!! Maleducazione, mancanza di tatto e di professionalità...
Terapia sospesa, malattia aggravata dopo le scelte
Nel day hospital per la chemioterapia infermieri e personale sono piú che gentili e preparati, ma i medici che hanno preso in cura mia madre hanno preso una serie di decisioni giudicate "molto discutibili" da altri medici. Nello specifico, al San Camillo dopo 3 cicli di chemio terapia hanno definito la malattia "ferma e regredita", mandandoci a casa con terapia cortisonica come unico aiuto per la respirazione, rispondendo con sufficienza (fatalismo?) alle successive chiamate che facevamo, sottolineando la progressiva difficoltà respiratorie che mia madre riscontrava. All'ennesima risposta negativa sulla necessità di riprendere la chemio, o sulla necessità di svolgere altre terapie o esami, ci siamo rivolti ad altri, scoprendo che mamma aveva un polmone pieno di liquido e la pleura piena di metastasi. Non so se si sia trattato di scelte sbagliate, sufficienza o impreparazione, fatto sta che mia madre sarebbe ancora a casa "perchè è tutto normale" seguendo i loro consigli.
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