Ospedale Belcolle di Viterbo
Recensioni dei pazienti
Filtra per malattia, intervento, sintomo
Pronto soccorso ginecologia
Il 15/03/2024 sono andata al pronto soccorso di ginecologia, in quanto è da 4 giorni che ho dei forti dolori pelvici e da 15 un po' di perdite mestruali. Ho sentito la mia ginecologa, che prima di 18 giorni non ha disponibilità ma nel frattempo mi ha consigliato di prendere qualcosa. Il fastidio è comunque aumentato (pancia gonfia, dolore muscolare alla gamba sinistra) e così sono andata al pronto soccorso, preoccupata che ci fosse anche un ristagno di sangue uterino. Al momento che mi facevano le ecografie la dottoressa mi dice: signora, ma questa visita è ambulatoriale, non una prestazione da pronto soccorso, pretende le facciano un intervento di urgenza? ...
Una tantum ai medici del pronto soccorso bisognerebbe fare una revisione di relazione con il pubblico, caro direttore! Spero tanto che sia possibile che i vostri medici migliorino in professionalità, non voglio ad ogni modo generalizzare. Grazie!
Assistenza oncologica assente
Nell’ultimo periodo, la paziente è stata abbandonata a sè stessa, nonostante ci avessero detto che ci avrebbero chiamato per effettuare una risonanza magnetica, che poi abbiamo provveduto a fare a pagamento di nostra iniziativa.
Scarsa umanità e arroganza, quello che più ci ha colpito. Questi atteggiamenti non sono più tollerabili in chi ha scelto di esercitare una professione così delicata e non sono proprio giustificabili.
La nostra parente veniva dall’ospedale di Varese, dove era stata curata da medici educati e di eccellente competenza. Qui, a Viterbo, la mentalità è purtroppo diversa. Triste esperienza. È necessario un avanzamento di passo, non è pensabile dover avere a che fare, in momenti così delicati ed essendo in ballo la salute, con questi atteggiamenti.
Esperienza negativa
Donna affetta da mieloma multiplo, diabetica, entra in ospedale dopo 8 ore di pronto soccorso mandataci dalla clinica di Villa Immacolata, dove era stata trasferita per riabilitazione post intervento di protesi anca. Inizialmente con livello 8 di emoglobina, lo specialista non riteneva di dover trasfondere; dopo mia insistenza visto che conosco la patologia e non poteva migliorare da sola, il 18.12 viene ricoverata in medicina. Dopo vari consulti inerenti il gonfiore alla gamba, Tac, Doppler, nessuno sapeva dirci cosa avesse mia madre. Finalmente un giorno dalla ferita esce abbondantemente del pus e si scopre che aveva contratto una infezione della ferita o addirittura della protesi, ma non erano in grado di dirlo. Ci consigliavano, anzi quasi avevano deciso loro, di ritrasferirla all'ospedale di Roma che l'aveva operata. Tutto questo dopo 15 giorni di ricovero senza capire bene il da farsi. I giorni passano e la gamba è sempre gonfia, mandano fax ogni giorno all'ospedale romano che non ha posto, perché il reparto di Ortopedia non intende mettere le mani sull'intervento fatto da altri. Finalmente dopo varie discussioni tra primari, l'ospedale romano si riprende la paziente per disperazione e soprattutto perché era chiaro che l'ortopedia di Viterbo non voleva intervenire per drenare una fistola o sacca ematica che si era formata. Palese rifiuto di intervento su una paziente grave. Speriamo che non abbiano fatto troppi danni, in ogni caso non ci vedranno più, salvo in Tribunale.
ONCOLOGIA
In data 4 aprile 2013 il mio compagno viene visitato dal Dott. Enzo Maria Ruggeri, al fine di stabilire la terapia farmacologica più adatta a contrastare una neoplasia renale con metastasi polmonari.
In quella sede, in presenza del paziente e mia, il Dott. Enzo Maria Ruggeri ha espresso valutazioni estremamente positive circa le possibilità di cura e di alta sopravvivenza del paziente stesso.
In data 15 aprile 2013, il mio compagno ed io veniamo accolti presso lo studio del Dott. Enzo Maria Ruggeri e dalla Dott.ssa Agnese Fabbri, al fine di ricevere il farmaco oncologico di cui sopra, le informazioni relative al suo uso e l’indicazione del nuovo appuntamento di controllo.
Il mio compagno viene inviato presso un’altra stanza per effettuare subito una flebo ed io vengo trattenuta nel predetto studio; al momento dei saluti vengo fermata dal Dott. Enzo Maria Ruggeri che mi invita a sedermi.
Quelle che seguono sono le parole di cui mi ha investita ex abrupto il Dott. Enzo Maria Ruggeri:
“La situazione del suo compagno è molto seria e grave”;
“la condizione di partenza è estremamente sfavorevole, il tumore è molto aggressivo”;
“lei deve sapere che le possibilità di sopravvivenza sono nell’ordine di mesi”;
“non ne parli per nessun motivo con il suo compagno, altrimenti il paziente, se conosce la verità, prende le pillole che gli diamo e le butta nel lavandino”;
“mi dispiace ma ci siamo passati tutti”.
A fronte di quanto sin qui esposto denuncio quanto segue:
Il Medico che assume la cura un cittadino italiano affetto da qualsivoglia patologia, ha l’obbligo di informare lo stesso, e non un suo parente, delle reali condizioni di gravità della sua malattia.
Tale principio assume tanto più un valore assoluto e imprescindibile laddove vi sia un rischio di vita, in quanto ciascun cittadino ha il diritto di scegliere se intraprendere o meno qualunque cura e, soprattutto, come e dove vivere la probabile ultima fase della sua vita.
Il Dott. Enzo Maria Ruggeri ha abdicato da questo dovere.
Quanto sin qui detto per segnalare che sino al termine della carriera del Dott. Enzo Maria Ruggeri ad altri cittadini con patologie oncologiche verrà negato di sapere il livello di gravità della loro malattia (privandoli della possibilità di scegliere se curarsi o fare altro dei restanti giorni della propria vita);
ad altri parenti verrà rivelato in segreto che la situazione rassicurante di cui erano venuti a conoscenza nei colloqui con il medico in presenza del loro parente malato, è in realtà grave, e verranno così gravati della responsabilità psicologica ed etica di tacere la verità al proprio familiare.
Reparto Ortopedia
Mio padre di 84 anni si è fratturato il collo del femore a fine ottobre 2012 ed il Belcolle è stato l'unico ospedale disponibile ad accoglierlo. Purtroppo, nonostante la sua età, è rimasto tre notti in corridoio, poi finalmente ha avuto un letto in una stanza per due persone. L'operazione è stata effettuata alquanto tardi, dopo dieci giorni dalla caduta (vista l'età avrebbe dovuta essere fatta entro 48-72 ore). Al momento di intervenire, riscontrando una forte osteoporosi, il chirurgo ha optato per sostituire interamente l'arto dall'anca al ginocchio, rendendo l'operazione molto più lunga, ma anche più efficace! Mio padre in seguito è rimasto un'altra settimana in ospedale e dopo ha cominciato la fisioterapia in una clinica privata (poi ogni giorno a casa sua per un altro mese). Non ha mai avuto dolori, ha ripreso a camminare in tempi molto rapidi (senza dubbio è stata fondamentale la fisioterapia) e ha ripreso (a distanza di due mesi) a camminare quasi come prima della caduta. Se non fosse stato per i tempi d'attesa e le condizioni misere dell'ospedale, sarebbe stato ancora meglio ma, in ogni caso, l'operazione è riuscita perfettamente.
Altri contenuti interessanti su QSalute