Ematologia Ospedale Padova
Recensioni dei pazienti
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Esperienza vissuta reparto ematologia
Circa otto anni fa scopriamo che la mamma è affetta da mielofibrosi idiopatica. Viene seguita egregiamente dal dott. Amadori, che ritiene opportuno sottoporla a terapia oncologica. Dopo qualche anno però il dott. Amadori va in pensione e subentra il dott. Zambello, che a giugno del 2013 propone di tentare una cura sperimentale, che inizialmente sembra avere successo, ma che il 28 luglio viene interrotta. A questo punto la mamma rimane scoperta sia della cura oncologica precedente, sia della cura sperimentale. Viste le condizioni sempre più critiche e dopo vari consulti telefonici intercorsi con il dott. Zambello, chiediamo un ricovero che si protrae dall’11 al 22 di Ottobre nel reparto di ematologia dell’Ospedale Civile di Padova. Dimessa dall’ospedale, a causa di una caduta in piena notte, si rende necessario un nuovo ricovero all’ospedale di Cittadella. Il 15 Novembre viene dimessa. Da questo momento fino al 5 Febbraio 2014 la mamma, a causa dell’allettamento dovuto allo schiacciamento di una vertebra, non viene più visitata né dal dott. Zambello né dalla dott.ssa Cravraro, che lo affiancava durante le varie visite. Il 5 Febbraio, visto che le condizioni fisiche andavano peggiorando, anche a causa di un visibile deperimento, accompagnato da svariate problematiche, chiediamo, impotenti davanti alla situazione, che la mamma dopo 4 mesi venga visitata dallo specialista che l’aveva in cura. Durante la visita del 5 Febbraio, nonostante la grave situazione, non viene ritenuto opportuno né un ricovero né ulteriori accertamenti, ci viene comunicato che le dimensioni della milza sono invariate rispetto a quelle dell’ecografia precedente e che l’addome è palpabile. Viene consigliata un'ecografia per il 13 Febbraio. In quella data, dietro richiesta della famiglia e con un forte senso di abbandono e di impotenza, chiediamo nuovamente aiuto, tramite un ricovero che speravamo avvenisse all’Ospedale Civile di Padova, dove era stata seguita per tanti anni. Così non accade e ci troviamo costretti ad accompagnarla all’ospedale di Camposampiero, dove ha dovuto rispettare i tempi di attesa del pronto soccorso nonostante le gravi condizioni. Casualmente veniamo a conoscenza del fatto che il Dott. Zambello si trova in ospedale per altri pazienti e ci meravigliamo che non abbia sentito la necessità di andare a trovare la sua paziente. Da questo momento le condizioni di nostra mamma peggiorano di giorno in giorno. La Dott.ssa Trivelli ci comunica che è necessaria una dimissione dal reparto, Ci troviamo davanti ad un bivio: il ricovero in Hospice per le cure palliative oppure l’assistenza a domicilio con tutte le sue problematiche, considerato che la mamma era supportata da un monitoraggio 24 ore su 24. Dopo quattro giorni la mamma viene a mancare. Mai ci saremmo aspettati, proprio nei momenti di maggiore necessità antecedenti l'ultimo ricovero in Hospice, che sia la paziente che noi familiari venissimo abbandonati a noi stessi.
I quattro figli e marito.
Pessima esperienza
Oltre 1 anno di visite continue (ogni 20 giorni circa) e inutili ago aspirati (una quindicina) prima di diagnosticare la malattia solo per non aver avuto il coraggio di asportare un linfonodo e fare una biopsia. Una volta arrivata la diagnosi ed essendo nel frattempo progredita la malattia, il dott. Zambello propone un protocollo chemioterapico alternativo. Più aggressivo. Purtroppo, dal momento della diagnosi (arrivata per posta senza una telefonata accompagnatoria) e dalla pianificazione della terapia, è sparito. Mai più una visita, un consulto, un incontro... Ogni settimana vedevamo un medico diverso che difficilmente poteva avere chiaro il quadro clinico. Facevano domande di routine che sembravano più di tipo statistico che per appurare il reale stato di salute psico fisico della paziente. Morale: mia madre dopo 4 mesi viene ricoverata di urgenza all'ospedale di Treviso, dove le riscontrano una polmonite "sfuggita" agli ematologi di Padova, nonostante lamentassimo da oltre 2 settimane dolori, difficoltá respiratorie e tosse, una forma di diabete causato dai farmaci - e quindi la necessità di adottare una dieta particolare - un fungo trascurato alla bocca che era arrivato ad aggredire lo stomaco, "sfuggito" agli ematologi di Padova nonostante mia madre lamentasse delle vescicole in bocca e la difficoltá a mangiare, la comparsa del citomegalovirus "sfuggito" agli ematologi di Padova e MAI controllato, quando è una delle prime cose da fare su un paziente che è sottoposto a pesanti cure che gli abbattono le difese immunitarie. Non è possibile non seguire passo passo un paziente che stai curando con una terapia NON TRADIZIONALE. Tant'è che sia a Bologna che ad Aviano che a Treviso la cura sarebbe stata diversa. Ci siamo fidate di Zambello e mai tanta fiducia è stata riposta peggio. E non scrivo questo perchè mia madre è morta in appena 8 mesi, di cui 4 seguita da medici dell'ospedale di Treviso, dimostratisi attenti e scrupolosi, ma perchè nei 4 mesi a Padova la paziente è stata abbandonata e non assistita. Forse la cura era troppo aggressiva. Forse andava rimodulata strada facendo, ma se il medico che ti dice "mi assumo la responsabilità di questa terapia" poi non ti guarda più, è ovvio che le complicazioni possono sfuggire di mano... Gran delusione. Suggerisco l'ospedale di Treviso dove ho verificato uno scrupolo quasi eccessivo, un'attenzione ai massimi livelli, insperata. Medici che chiamavano a casa, che si rapportavano col medico di base, che non trascuravano nessun dettaglio. Purtroppo mia madre è arrivata lì in condizioni pessime e hanno fatto ciò che hanno potuto.
Una delusione
Sono stata visitata dal Dr. Marcolongo per un supporto terapeutico con diagnosi di malattia di Behçet.
Non ho trovato alcuna cordialità o gentilezza da parte del Dott. Renzo Marcolongo, anzi, ha criticato molto i suoi colleghi e l'operato. Molto sgarbato e presuntuoso. Sono andata con molte aspettative positive ma, come sospettavo, sono stata molto, ma molto delusa. Penso di non farmi seguire dal Dr. Marcolongo perchè, anche se professionalmente preparato, è privo di umanità e cortesia, nonchè privo di ascolto verso il malato. Consiglio di rivolgersi ad altre strutture per questo tipo di malattia di cui sono affetta.
Non so..
Dopo un anno di continui esami del sangue con controlli, prelievi e milza gonfia da circa tre anni, solo un mese fa mi riscontravano la Mielofibrosi idiopatica. Non è stata data nessuna importanza alla milza, piu volte mi è stato detto di non preoccuparmi della milza quando in realtà è un sintomo fondamentale. Dopo un mese non sono riuscito ancora a parlare con l'ematologo che mi ha riscontrato la malattia...torna lunedì, anzi martedì, forse giovedì...
La mia esperienza
Nel day hospital il continuo cambio di assistenti e specializzandi fa sì che si debba ripetere i propri dati tutte le volte. Gli operatori sono distratti, non ascoltano quel che dice il paziente, scrivono metà dei dati forniti. Nella Tac mi è stato detto solo dopo l'iniezione che cosa mi stavano iniettando in vena. Erano seccati perché soffro di claustrofobia, mi hanno dato un sedativo dicendomi dopo che erano venti gocce di Minas. Roba da stendere un cavallo! Poiché erano dispiaciuti di non essere riusciti a trovarmi i linfonodi che volevano trovarmi per forza sono scappata a gambe levate e da un anno e mezzo non mi faccio più controllare. Far passare dei pazienti immunodepressi per il reparto di Malattie infettive (unico ingresso!) è addirittura grottesco. Si spera forse nella selezione naturale? Cordiali saluti. Se rivedrò qualcuno sarà solo in visita privata.
Michela Torcellan
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