Casa di Cura Santa Maria del Pozzo Somma Vesuviana
Recensioni dei pazienti
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Progetto Rinascere
Do una stella al progetto "Rinascere" della Dott.ssa Pagano perché purtroppo non potrei dare di meno.
Dovevo essere ricoverata per due mesi ma mi sono ritrovata costretta ad interrompere il percorso dopo 21 giorni per salvaguardare la mia salute mentale e fisica, aggravatasi incredibilmente nel periodo di degenza presso la struttura che fortunatamente è stato breve. Se fossi rimasta due mesi probabilmente sarei impazzita e non sarei più riuscita ad uscire da un disturbo alimentare che comunque in struttura non viene curato e anzi, a tratti neanche si conosce.
Il progetto viene fortemente pubblicizzato promettendo risultati fisici ma soprattutto psicologici. Niente di più falso.
Innanzitutto parto dalla problematica fisica primaria: l’obesità. Per quanto ci sia un regime alimentare severo e un’attività costante di palestra (affiancata da terapisti) il dimagrimento viene fin troppo spesso legato all’assunzione del Munjaro, un farmaco che crea nausea ed elimina il senso di fame, una scelta pessima se si considera che si ignorano le cause dell’obesità e si rendono le persone schiave di un farmaco il cui effetto finisce dopo la fine della somministrazione, senza considerare gli effetti collaterali che si manifestano che portano a stare male per ore, e talvolta per giorni, dopo la somministrazione. Passiamo a quella che secondo me è la parte più grave: il percorso psicologico. Parto proprio dal Munjaro che viene somministrato anche a pazienti affetti da binge eating disorder, un placebo che rende le persone affette da dca schiave di un farmaco che promette di far passare la fame ma che non aiuta a livello psicologico e che anzi sposta la dipendenza dal cibo al farmaco. Ma d’altronde non puoi capire che una cosa è dannosa per un DCA se tu il DCA non lo conosci. Ed è il caso del progetto Rinascere.
La maggior parte delle persone che sceglie di seguire questo percorso lo fa per comprendere le basi del proprio disturbo alimentare e imparare a gestirlo. Tuttavia, il percorso psicologico è molto scarso, se non inutile o addirittura dannoso. Se si è fortunati, e vorrei sottolineare la parola fortunati, si riesce ad ottenere un colloquio con uno specialista di circa 30-40 minuti a settimana. Molti pazienti non sono così fortunati, e si ritrovano a dover fare affidamento a quei due o tre laboratori di gruppo a settimana che peggiorano lo stato psicologico delle persone parlando di tutto tranne di disturbi alimentari.
Le dinamiche nel reparto sono inaccettabili. I pazienti escono liberamente dalla struttura, e liberamente lasciano entrare alcolici e cibo, con la complicità di tutto lo staff, compreso di psicologi che fanno finta di non guardare, e in alcuni casi medicinali.
Ho assistito a diversi litigi, alcuni sufficientemente gravi, avvenuti nelle stanze, senza alcun intervento da parte degli infermieri o medici presenti e, quando segnalati a chi di competenza veniva spostata l’attenzione su altri problemi. Persone che registravano conversazioni o che facevano video a persone senza autorizzazione e comunque godevano del supporto dello staff medico (anche qui psicologi compresi) che mai hanno preso provvedimenti ma al contrario, quando venivano segnalate queste dinamiche ne prendevano le difese. Difendere sempre chi in torto e mai la parte lesa, davvero un bel vanto per una struttura che pretende di essere la migliore in Europa (e che non lo sarà neanche tra un milione di anni). Io personalmente mi sono ritrovata, mentre ero in un periodo molto delicato della mia vita (e per questo ricoverata), in una situazione estremamente stressante, che altro non ha fatto che peggiorare la mia situazione. Parlarne con chi gestisce, compreso il direttore sanitario, si è rivelato completamente inutile, anzi, utile a peggiorare la situazione. Il medico responsabile della gestione del reparto quasi come per "ripicca" ha deciso di mettermi in una situazione ben peggiore quando ho deciso, dopo diversi giorni di maltrattamenti (purtroppo anche da parte degli infermieri del reparto), di chiedere di cambiare camera per cercare un po' più di tranquillità, mostrando ancora una volta una maturità ed una professionalità inesistente. In 21 giorni ho assistito ad una fortissima incompetenza e negligenza.
Inoltre gli infermieri sono abbastanza "distratti", sbagliando i dosaggi dei farmaci e "dimenticando" di avvertire i pazienti che i medicinali stanno per finire, costringendoli ad interrompere bruscamente una terapia farmacologia.
Sono uscita dalla clinica con una sintomatologia più marcata di come ci sono entrata, e ad oggi ho cominciato un percorso diverso con personale più competente.
Se soffrite di DCA (disturbo del comportamento alimentare), scegliete un'altra clinica (ce ne sono tante, e sicuramente più professionali). Questa presenta un'equipe che non è all'altezza di gestire un problema così delicato.
Ictus ischemico - logopedia
Mia madre ha avuto un ictus ad agosto; dopo circa 20 giorni viene trasferita dal Cardarelli alla clinica di Santa Maria del Pozzo. Inizia il calvario. Cercherò di riassumere quanto vissuto, ma non sarà facile. Mia madre, quasi ottantenne, è praticamente abbandonata a sè stessa. Non parla! È impossibilitata a chiedere aiuto, le infermiere poco presenti. In quasi un mese di degenza, i medici mi hanno risposto al telefono 8 volte!!! Il telefono il più delle volte era fuori uso..
Indumenti sporchi riposti su quelli puliti. Personale maleducato, arrogante (tanto), scorbutico e irriverente. Dottori irreperibili, ad eccezione del dottor Maffei, e non comunicativi con i parenti. Caposala non pervenuta. Ci viene comunicato (dopo 1 mese) che mia madre non collabora con i terapisti (mai visti nè sentiti nemmeno loro), così decidiamo di portarla a casa, dove è seguita da veri terapisti e …. miracolo: mia madre collabora alla stragrande.
Riabilitazione post protesi d'anca
Mio padre è stato ricoverato il 5 gennaio 2021 e, partendo dal presupposto che è lamentoso e grida sempre "al lupo al lupo", abbiamo sottovalutato fin da subito le sue lamentele e la sua richiesta d'aiuto. Una volta ricoverato, abbiamo totalmente perso le sue tracce in quanto il suo telefonino risultava quasi sempre spento e gli unici che mi davano notizie erano i medici che rispondevano al telefono dalle 13.00 alle 14.00, come da protocollo, quando non era occupato. La risposta era sempre la stessa "suo padre si rifiuta di fare la terapia"... Me l'avranno ripetuto le tre o quattro volte che sono riuscito a prendere la linea nei 23 giorni di degenza. Non riuscendo a contattarlo per più giorni, mi sono recato più volte presso la struttura e le guardie giurate, molto gentilmente, visto anche il mio modo di pormi, mi hanno sempre aiutato andandomi a prendere il suo telefonino, che era SEMPRE BLOCCATO CON IL CODICE PUK. Premetto che mio padre è stato ricoverato per riabilitazione post protesi d'anca, non ictus o altro. Ogni volta che riaccendevano il telefono, mio padre farfugliava e raccontava cose strane; cosa che i medici giustificavano dicendo che l'ospedalizzazione in questo periodo Covid è difficile da accettare ed affrontare. Il giorno 18, la sera, sono stato contattato dai carabinieri che, contattati da mio padre, mi dicevano di aver ricevuto una richiesta di aiuto da lui, perché voleva uscire da questa struttura. Anche lì ho raccontato il carattere di mio padre ed ho chiesto di soprassedere perché comunque mio padre aveva bisogno di fare terapie e che comunque me ne sarei occupato io il giorno dopo. È in quel momento che mi si è accesa la lampadina e che ho cominciato a monitorare meglio il suo telefono, sempre spento. Lo chiamiamo per più giorni e non riusciamo a parlargli, chiamo più volte la struttura chiedendo di controllare il suo telefono ma nessuno glielo accende finché il 24 gennaio ritorno lì ed in malo modo prendo il guardiano (che mi dice di essere da solo e di non potersi muovere) e lo obbligo a salire immediatamente ed ad andare a vedere questo telefono che fine ha fatto. Sale e torna con il telefono bloccato per l'ennesima volta con il codice puk. Lo sblocco e finalmente riesco a parlare con mio padre, sempre più "allucinato", che mi chiede info sulla salute della sue professoresse di storia e di educazione fisica che saranno morte 50 anni fa! Poi alle 23.00 chiama mia sorella e le racconta di un treno sotterraneo che l'ha portato in giro per Santa Maria del Pozzo, in una villa lì vicino, con piscina e 10 infermieri ad un party! Il giorno dopo vado di persona e chiedo di parlare con il direttore sanitario, che gentilmente mi chiama anche la capo reparto, che mi rassicura, ma io decido ugualmente di firmare e portarmelo via subito, non un'ora in più. Adesso sta nel letto, con i lavaggi... puzzava come un barbone. La diagnosi del 118 è: disidratato e denutrito. 14 kg. in meno in 22 giorni, rimbambito al massimo... Traete voi le conclusioni. Anche sul fatto che si rifiutava di fare terapia... non si regge in piedi, è normale!!!
Tampone covid-19 laboratorio analisi
Quello che è successo stamattina è inverosimile, mi sono recato in questa struttura per eseguire il tampone per la ricerca del covid-19 al ritorno dalla sardegna, in quanto è una delle poche che lo fa in maniera privata (92 euro e senza obbligo della prescrizione medica). Arrivo alle 9.30 in questa struttura e gia all'ingresso c'erano circa una decina di persone in attesa per lo stesso motivo, mischiate agli altri utenti con un vigilante incapace di separare le persone... Dopo una lunga attesa sembra che colui che doveva fare gli esami fosse in ritardo, poi dopo un po' si inizia con i tamponi, uno alla volta verso questa persona che come protezione aveva solo una mascherina abbassata ed una camicetta rosa sbottonata, senza guanti.. Ad un certo punto si sospendono i tamponi poichè, come hanno detto, si è superato il numero massimo per le loro capacità e siamo stati inviati noi (possibili positivi) ad altre strutture.
Assolutamente sconsiglio questa struttura per disorganizzazione e mancanza di competenza e professionalità.
Da non tornarci assolutamente
Ho inviato una segnalazione a tutti gli organismi competenti nazionali e locali per denunciare che la consegna di un referto radiografico è avvenuta dopo ben 8 GIORNI, dopo nonostante all'arto radiografato risultasse una frattura.
L'incuria dimostrata con questa esperienza, mi fa chiedere in base a quali valutazioni tale centro sia stato autorizzato ed accreditato proprio dai suddetti organismi competenti.
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