Cardiologia San Raffaele
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Dimissioni e.. lasciato allo sbaraglio
Messaggio ricevuto poco fa da mio fratello, a 500 km. da me, 44 anni, con un infarto importante avuto 10 giorni fa, ricoverato al San Raffaele:
"Oggi mi hanno dimesso, sbagliando il certificato di dimissioni che riporta il mio vecchio indirizzo (da 11 anni sul tesserino sanitario vige il nuovo indirizzo), prescrizione di 8 tipi di pillole -alcune sperimentali ma mai comunicato- e delle quali quella anticoagulante per evitare il trombo alla stent, non prescritta. Avrei dovuto aspettare fino a lunedì pomeriggio (orario mio medico di base, unico che puo' prescrivermela) per averla. Sono stato costretto quindi a tornare in reparto in serata, dopo una giornata di stress ed affaticamento dovuti al rientro a casa, per riuscire ad ottenere in reparto le dosi necessarie a coprire il fine settimana con la terapia. Trattato peraltro con supponenza e superficialità. Sono destabilizzato e colpito sia per la scarsa professionalità data dal dottore (di cui purtroppo non ho avuto il piacere di conoscere il nome) alla fase di dimissione (avevo segnalato alcuni errori durante la lettura del referto conclusivo che ha corretto a penna), che per l'abbandono che mi é stato dedicato in generale."
Per un infarto che, a quanto mi hanno riferito, ha colpito il 40% del cuore e che ha compromesso le funzioni in modo significativo, che cambierà in modo definitivo la vita di un 44enne, che deve essere rioperato a breve per inserire un nuovo stent per un'altra coronaria ostruita in parte, insomma per questa persona, non è previsto nessun percorso di affiancamento che lo supporti nella nuova realtà stravolta, nella nuova vita. Una persona che non ha una famiglia vicino, non ha più i genitori, in questo modo la si proietta con grande probabilità in una depressione certa. Sono incredula e sono anche molto preoccupata per tutti i dolori che stanotte sta provando (condizionato o no da quanto ha vissuto oggi).
Esperienza molto negativa
Mia madre, 66 anni, è reduce da infarto con applicazione di 2 stent, quindi intervento di sostituzione valvola aortica e 2 bypass ad opera dell'equipe del prof. Alfieri. A 4 mesi dall'intervento di cardiochirurgia ha un secondo infarto per chiusura di un bypass. Le mettono 8 stent a Roma e, nonostante tutto, resta in cura dal prof. Margonato. Si ritiene debba controllarsi con tac coronarica visto che soffre, tra l'altro, di aterosclerosi. Quest'anno il prof. le consiglia prova da sforzo per capire se diradare o meno i controlli tramite tac coronarica. La prova da sforzo dà esito allarmante, quindi mia madre riesce a mettersi in contatto col prof. Margonato e a concordare una coronarografia. Si ricovera. Mia madre NON HA MAI avuto il piacere di incontrare il prof. in ospedale. Viene sottoposta ad una coronarografia di ben 2 ore a valle della quale le viene detto che: il secondo bypass si sta chiudendo, c'è una placchetta all'imbocco di questo bypass alla quale non sono riusciti ad arrivare, ma che comunque non si deve preoccupare perchè "semmai si mettono altri stent, ma c'è una buona circolazione alternativa, quindi non ci dovrebbe essere sofferenza per il cuore...". E' stata dimessa nonostante sia in uno stato di affaticamento decisamente maggiore rispetto a un anno fa e nonostante il quadro clinico non sia rassicurante. Spero che il responso fornito dai collaboratori del prof. sia corretto, ma mi chiedo: si trattano così dei pazienti che stanno affrontando percorsi di sofferenza e dolore come questi?
Cordialmente,
Virginia
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