Cardiochirurgia Policlinico Bologna S. Orsola Malpighi

 
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Un intervento assurdo

Circa un anno fa a mia mamma di 85 anni è stata diagnosticata una insufficienza della valvola aortica.
Il prof. Gallier di Cardiologia ci disse che bisognava operarla e ci suggerì il Dr. Marco di Eusanio, che sebbene l'intervento fosse molto difficile si sentiva in grado di operarla. Mia mamma era già stata operata nel 2003 per lo stesso problema nello stesso ospedale dal Prof.Di Bartolomeo, con ottimi risultati, per cui noi avremmo voluto farla rioperare da lui; ma tutti ci dissero che se ci avevano suggerito il Dr. Di Eusanio dovevamo andare da lui (d'altronde lui aveva accettato di fare l'intervento, mentre altri non l'avrebbero accettato ritenendolo troppo rischioso). Il prof. Gallier e il Dr. Di Eusanio ci dissero pure che bisognava operarla in fretta, il più presto possibile. Tutti noi eravamo molto spaventati da questo intervento, ma convinsero prima noi e poi lei che era necessario; io volevo essere presente quando le chiedevano l'autorizzazione, ma non me lo permisero, e anche se lei non si voleva operare, il prof. Gallier riuscì a convincerla. Dissero che valeva la pena di rischiare anche se era anziana perchè aveva tutti gli organi e gli apparati in buono stato; in realtà dagli esami preliminari risultava che lei aveva un'insufficienza respiratoria di media entità e quindi i polmoni non erano in buono stato, ma noi questo non lo sapevamo.
Il 13 giugno fu operata dal Dr. Marco Di Eusanio: un intervento di 6 ore. Dopo una notte in terapia intensiva fu subito messa in reparto in semintensiva: lei era sudata e aveva la febbre e fu messa nel letto di fianco a un condizionatore che sparava aria fredda, cosicchè dal lato di mia mamma la stanza era gelata. Dopo l'intervento aveva sempre la fibrillazione atriale: i medici ci dissero che era normale. Notammo che stava male ed era molto gonfia - nessuno sembrava averlo notato - e lo dicemmo agli specializzandi (erano gli unici medici presenti in reparto, gli specializzati probabilmente erano in sala operatoria): loro le fecero degli esami e notarono che effettivamente "c'era aria nella cavità toracica". Dopo pochi giorni le tolsero i drenaggi; si vedeva che lei stava sempre peggio e non riusciva a stare sveglia: ci dissero che dovevamo tenerla sveglia e non lasciarla dormire.
Dopo circa 7 giorni dall'intervento fu reintubata d'urgenza e riportata nell'Intensiva cardiochirurgica del Prof. Frascaroli per un edema polmonare; ci dissero poi che la sua sonnolenza era in realtà dovuta al fatto che il sangue era saturo di CO2 e quindi lei stava andando in coma.
In Intensiva cardiochirurgica dopo poco fu stubata; ma dopo pochi giorni fu reintubata perchè - così ci disse il medico - subito dopo averle dato da mangiare l'avevano stesa per cambiarla, cosicchè lei aveva avuto un reflusso di cibo che era finito nella vie aeree, e questo aveva provocato una polmonite "ab ingestis". Poi mia mamma fu nuovamente stubata e restò in Intensiva per circa 15 giorni. A questo punto ci dissero che siccome aveva una polmonite, pensavano di trasferita in Pneumologia; invece dopo poco fu riportata in semintensiva cardiochirurgica.
In Semintensiva Cardiochirurgica fu messa in una stanza con un altro paziente molto grave, che aveva la febbre alta e dei problemi grossi respiratori, non si sa di che tipo. I medici ci dissero che ora il problema di mia mamma era che aveva molto catarro nei polmoni e bisognava farglielo "buttar fuori". I fisioterapisti del reparto le facevano fare poco o niente; solo per qualche giorno venne una fisioterapista bravissima, dal reparto di fronte del Prof. Pinna, che le fece fare molta ginnastica respiratoria. Mia madre stette qui molti giorni e le sue condizioni peggioravano sempre di più: aveva la saturazione dell'O2 bassa, dei tremori alle braccia e delle allucinazioni, le andavano sempre cibo e acqua di traverso nelle vie aeree e dopo tossiva e stava male. Noi non capivamo cosa succedesse ed eravamo molto preoccupati. In Semintensiva non c'era la C-PAP (ventilazione forzata) con cui l'avevano spesso curata in intensiva, quindi lei smise di colpo di farla.
Alla fine di luglio parlai col Dr. Savini e gli dissi che se non l'avessero trasferita in pneumologia, avremmo fatto causa al reparto di cardiochirurgia; il giorno dopo la trasferirono. Le condizioni di mia mamma erano ormai gravissime.
Appena arrivati in Pneumologia la misero subito in Intensiva: il Prof. Nava e la sua equipe fecero venire vari specialisti a visitarla - cardiologo, neurologo, fisiatra, logopedista - e ci dissero che aveva un'edema polmonare e che la situazione era molto grave: da quel momento la alimentarono col sondino nasogastrico per evitare che bevande e cibo le andassero di traverso, le cambiarono i farmaci (riuscendo a toglierle la tachicardia e la fibrillazione atriale) e le fecero vari cicli di C-PAP. Dopo una decina di giorni mia mamma miracolosamente si riprese, ma ci dissero che ormai era fragilissima. A questo punto il problema polmonare era risolto, per cui decisero di trasferirla nel reparto di riabilitazione del S.Orsola-Alberoni dalla Dr.ssa Miccoli.
Nel reparto di Riabilitazione del S.Orsola-Alberoni mia mamma fu messa da sola in una stanza senza più essere monitorata, in isolamento siccome nel frattempo in ospedale si era presa la Klebsiella (al H S.Orsola già nell'estate del 2011 c'era un 'epidemia di Klebsiella). Le tolsero subito il cerotto che le proteggeva la pelle sull'osso sacro dalle piaghe da decubito (in effetti non ne aveva ancora) dicendo che loro lavoravano sui decubiti laterali. Non lavorarono sui decubiti laterali e dopo 3 giorni le venne una piaga da decubito. Noi cercavamo di non lasciarla mai sola perchè gli infermieri erano pochi e non entravano quasi mai nella sua stanza, e il reparto era deserto, soprattutto la notte e il fine settimana. Mia mamma era prostrata e non era in grado di suonare il campanello per chiamare aiuto cui io, mia sorella e mio papà ci davamo il turno di giorno, e avevamo pagato una signora perchè stesse con lei la notte. La fisioterapista Cristina e la logopedista Carla furono sempre bravissime e affettuosissime con mia mamma. Dopo poco riscontrarono che mia mamma aveva una forte anemia e le fecero una trasfusione di sangue.
Domenica 4 settembre arrivai in H: mia sorella che era lì dalla mattina disse che nella stanza non era entrato nessuno del personale. Mia mamma tremava e ci disse che aveva freddo; nella stanza c'erano circa 30 gradi perchè l'aria condizionata era spenta. Misurai la febbre a mia mamma: aveva 39. Erano le h 18, nessuno le aveva misurato la febbre fino a quel momento. Corsi a dirlo al medico di turno, fecero subito vari prelievi e io pretesi un elettrocardiogramma (non lo volevano fare perchè sostenevano che "non c'erano gli estremi"). Cominciarono a farle la terapia antibiotica e lunedì 5 la febbre scese di poco; la dr.ssa Miccoli disse che probabilmente era un'infezione dovuta al catetere vescicale e ritenne che non era il caso di chiamare l'infettivologo. Il giorno dopo la febbre salì, fu chiamato l'infettivologo e lui fece cominciare a mia mamma una terapia antibiotica molto pesante. Il prof. Nava e i suoi collaboratori continuarono a seguire mia mamma e vennero a visitarla; Il cardiochirurgo che l'aveva operata, Marco Di Eusanio, non si faceva vedere già da molto tempo.
Giovedì 8 settembre tolsero il sondino nasogastrico a mia mamma per farle un esame; io restai con lei tutto il giorno, poi nel pomeriggio andai a casa a mangiare. Arrivai in H verso le h 17 mentre stavano portando mia mamma in sala operatoria per metterle un catetere venoso per l'alimentazione: nessuno mi aveva avvisato, sebbene io avessi ripetutamente chiesto ai medici del reparto di avvisarmi per qualunque aggravamento di mia mamma e per qualunque suo problema. Mi mamma stava molto male ed era molto spaventata. La sera le aggiunsero un altro antibiotico molto pesante; nessun medico mi aveva spiegato che cosa stava succedendo, per cui lo chiesi al medico di turno per la notte: mi disse che quel pomeriggio erano arrivati i risultati delle emoculture ed era risultato che mia mamma aveva una batteriemia da stafilococco aureo ed enteococco. Era gravissima.
Venerdì 9 il prof. Nava e la sua equipe accettarono di riprenderla nella loro intensiva perchè loro l'avevano curata molto bene ed erano affezionati a lei. La batteriemia non rispose agli antibiotici e divenne setticemia.
Mia mamma è morta il 14 settembre 2011 dopo un calvario di 3 mesi.
Non passa giorno che io non mi penta di averle fatto fare questo assurdo intervento al S.Orsola di Bologna.

Patologia trattata
Insufficienza della valvola aortica (sostituzione valvola aortica).
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