Cardiochirurgia Campus Bio Medico Roma
Recensioni dei pazienti
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Grandi cardiochirurghi, pessime infermiere
Squisiti ed eccezionalmente competenti il Prof. Gian Paolo Ussia (che ha eseguito la coronarografia) e il Prof. Massimo Chello. Personale del "Heart Team" in sala operatoria parimenti molto competente e cortese. L'assai grave problema del reparto di cardiochirurgia e' che, finito l'intervento, inizia la degenza che logicamente necessita di ASSISTENZA INFERMIERISTICA, e questa personalmente l'ho trovata di PESSIMA QUALITA', E PRESTATA CON SCARSE, PRESSOCHE' INESISTENTI CORTESIA ED EDUCAZIONE. Una volta giunto nella camera di degenza subito dopo un grande intervento, ho trovato infermiere di scarsa preparazione, brusche in ogni manovra di assistenza, anche la piu' semplice, oltre che pochissimo disponibili. A fronte di cio', sono molto supponenti, spesso dal tono arrogante. Ritengono di avere un grande potere negoziale nell'ospedale, di essere le padrone del reparto, ed, incredibilmente, i pochissimi medici del reparto, e anche i chirurghi, ed evidentemente la Direzione Sanitaria, accettano questo stato di cose come ineluttabili. Sono un medico in pensione, e non ho mai visto nulla del genere in nessun ospedale in Italia e all'estero. E' una situazione grottesca e vergognosa, che rovina la reputazione dell'ospedale, che altrimenti meriterebbe la qualifica di centro di eccellenza. Non tutte le infermiere si comportano cosi', ma la maggioranza. Sono gentili e disponibili invece gli studenti tirocinanti, che in pratica eseguono alcuni dei compiti di assistenza infermieristica, i piu' semplici. Queste infermiere mi hanno causato un grave danno. Maneggiavano il catetere che mi era stato posto durante l'intervento in sala operatoria, strattonandolo con grandi movimenti bruschi, e il tutto per l'ottuso motivo di volere calcolare non solo l'urina che finiva nel sacco, ma anche quella piccola quantita' presente nel tubicino, per cui tiravano e sollevavano il catetere per fare defluire interamente l'urina nel sacco per gravita'. Non sono nefropatico, non c'era bisogno di una precisione al millilitro in questi casi, e se proprio per motivi discutibili dovevano calcolare anche i pochi millilitri presenti nel tubicino, potevano calcolare il suo volume (e' un cilindro piccolo e lungo), senza dovere tirare il catetere in alto come se non fosse messo dentro una parte delicata di un corpo umano. Sono stato costretto a lottare affinche' desistessero oppure facessero meno danni. Sono giunto a legare il catetere con un cerotto alla coscia, cosi' non avrebbero tirato la parte del catetere situata nell'uretra. Dopo alcuni giorni di queste dannose procedure, mi hanno causato una infezione batterica delle vie urinarie, per cui quando sono giunto nella clinica di riabilitazione post-intervento (procedura classica), il focus e' stato debellare questa infezione, piu' che la riabilitazione cardiaca stessa. Per farlo ho dovuto ritardare di una settimana la dimissione.
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