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Diritto ad essere curati
Mi chiedo come sia possibile, nella civilissima Italia, arrivare in un reparto di oncologia per un ricovero e sentirsi dire: Lei che è venuto a fare, il suo congiunto non dovrebbe stare qui, ma trovare una sistemazione all’hospice.
Questo è quanto mi sono sentito dire il 13 Agosto 2019 alle ore 16.00 dalla dottoressa di turno del reparto di oncologia 4° piano torre A dell’Ospedale Garibaldi Nesima! E ancora: Chi ha disposto questo ricovero? Quale medico ha visto fisicamente sua madre?
Comincia così, nel peggiore dei modi, un calvario durato 23 giorni in un reparto dove il senso di umanità, verso il cittadino che chiede aiuto all’istituzione sanitaria, è solo un optional. Un calvario flagellato da un continuo ping pong tra il reparto oncologico e quello di nefrologia dello stesso ospedale, intervenuto per una improvvisa insufficienza renale. L’oncologia attraverso la voce dei suoi medici, chiedeva ai nefrologi il trasferimento della paziente in quel reparto, questi si rifiutavano perchè non era chiara la diagnosi. Per ben lunghi 12 giorni, i nefrologi hanno richiesto agli oncologi una tac total body, al fine di determinare una diagnosi; nell’attesa la paziente, in quanto non autonomamente deambulante, ha dovuto subire lo stress del trasferimento giornaliero con tutto il letto, dalla torre A alla torre C dell’ospedale, per eseguire la dialisi. Tutto questo avveniva tra i malumori degli infermieri del reparto oncologico, incaricati del trasporto della degente che sembrava quasi arrecasse fastidio; il fastidio che non potesse andare con i propri piedi, il fastidio che prima di andare si dovesse pulire, il fastidio di andarla a riprendere ultimata la dialisi, il fastidio di dover riattaccare le macchine per la terapia medica. Quando le aspettative di vita sono ridotte, pare si diventi un peso per tutti. La buona volontà di pochissimi tra medici ed infermieri, che ancora posseggono senso del dovere e tanta umanità, non basta da sola a colmare il senso disagio che i familiari vivono, i quali pensando di essere solo un peso sullo stomaco e di arrecare un disturbo, cominciano a dispensare gratitudine, nonostante quello che ricevi dovrebbe essere quel diritto alle cure garantito ad ogni cittadino.
Quando le aspettative di vita sono ridotte, pare si diventi un peso per tutti. Un regalo l’hanno però ricevuto, il primario di nefrologia dopo 23 giorni dispone l’immediato trasferimento nel suo reparto. Il pesante fardello adesso verrà gestito nel reparto di nefrologia; ed infatti, disposta immediatamente la dialisi, un infermiera che non riesco ad identificare grida: tutti i morti li portano qui!
La paziente, ormai morente, viene sottoposta a dialisi, tra i malumori degli infermieri e del medico di turno. Finisco qui questo racconto, perchè la paziente da lì a poco toglierà il disturbo, non infastidirà più nessuno, non dovrà più essere cambiata, lavata, accudita. Abbiamo chiesto scusa, anche al medico reperibile che ne ha certificato la dipartita.
4 Settembre 2019
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