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Resettoscopia mioma sottomucoso
Nel mese di agosto mi sono dovuta sottoporre a una resettoscopia, in regime di day hospital, per rimuovere un fibroma uterino che mi stava causando da ormai un anno dei cicli mestruali emorragici. Ero perfettamente consapevole del fatto che il mio intervento, della durata di 15-20 minuti, pur essendo considerato di routine e non particolarmente complicato, non sarebbe stato facile per me da affrontare, sia dal punto visto fisico che psicologico, per vari motivi. In primis perché si trattava della mia prima esperienza ospedaliera in assoluto e io ho sempre provato repulsione per gli ospedali, e poi perché sono vergine. Non era esattamente il mio sogno nel cassetto che il mio prezioso imene venisse lacerato da un resettore, ma mi sono convinta a sottopormi all’intervento per poter stare meglio.
Quella mattina vi erano in programma numerosi interventi chirurgici. Sono stata subito avvisata dal personale infermieristico del fatto che, essendo una giornata movimentata ed essendo la più giovane, non avrei potuto disporre neanche di un letto, ma solo di una misera barella in cui a malapena entravo. Se fossi disgraziatamente deceduta durante l’intervento, non avrei avuto neanche un letto. Una prospettiva non proprio allettante.
Nella stanza che mi avevano assegnato eravamo ammassate in sei, come formiche. All’anima del distanziamento per il Covid.
Durante l’infinita e snervante attesa nei corridoi della sala operatoria, prima dell’intervento, vi era un infermiere che immagino fungesse da “animatore”. Senza offesa, ma io preferisco essere confortata con delicatezza e sensibilità, non con battute cretine. Anche perché, finite le battute con la paziente di turno, costui si metteva subito a giocare con il suo cellulare come se nulla fosse (eh sì, nonostante il post anestesia io me ne sono accorta e lo ricordo molto bene).
Dopo l’intervento, le infermiere sono state molto solerti e gentili con me, in particolare ringrazio la mia ginecologa che, vedendo il mio intenso stato di ansia e di panico, causato anche dalla notizia che il mio fibroma non era stato interamente rimosso, ha tentato di consolarmi e mi ha anche dato un letto. Io tremavo e piangevo. Volevo solo tornare a casa e dimenticare ogni cosa, ogni immagine, ogni odore, ogni colore, ogni ricordo. Ma il peggio per me doveva ancora arrivare.
Prima di essere dimessa (io e altre pazienti abbiamo dovuto attendere alcune ore perché il dottore che doveva darci le dimissioni non si trovava). Poi è finalmente arrivato. Prima di dimettermi, costui mi ha chiamata, mi ha fatto entrare in una stanza, mi ha fatta sedere e mi ha chiesto le generalità. Sembrava avere fretta di andare altrove e non vedeva l’ora di concludere con me al più presto. Ha detto che doveva visitarmi per verificare che non vi fossero rimaste delle garze all’interno del mio utero durante l’intervento. Gli ho specificato che sono vergine e, di conseguenza, non mi ero mai sottoposta a una visita ginecologica interna e completa. Lui ha risposto freddamente: “signora, ormai il suo imene è stato lacerato”. Complimenti per la sensibilità. Anche con l’imene lacerato, io resto comunque vergine. Mi ha invitato bruscamente a stendermi sul lettino e a posizionarmi a gambe aperte per la visita. Intuendo subito cosa volesse farmi, ho continuato a ripetergli, quasi supplicandolo, che io sono vergine e che non potevo sottopormi a niente di troppo invasivo. Al che, palesemente spazientito, ha chiamato un’infermiera del reparto per tenermi buona e ferma. L’ho visto prendere uno speculum e un altro strumento medico, una sorta di lunga sonda. L’infermiera, una giovane ragazza bionda con i capelli lunghi e gli occhiali, tentava di tranquillizzarmi, dicendomi che non mi avrebbe fatto male, che il dottore mi avrebbe dato un anestetico e che lo speculum utilizzato era piccolo. Immagino che lo abbia detto solo per farmi stare calma perché non mi è stato somministrato alcun anestetico. L’ho supplicato di essere perlomeno delicato. Parole inutili. Costui, incurante delle mie proteste, ha armeggiato velocemente dentro le povere e strette parti basse. Ho provato un dolore atroce e un bruciore interno indescrivibile. Ho gridato e pianto per il dolore. Durante, l’infermiera non ha mai smesso di stringermi forte la mano tremante e ha tentato dolcemente di consolarmi. Dopo avermi estratto in fretta e furia quegli strumenti medici, ho sentito il sangue che sgorgava dalle mie parti basse. Il medico, freddamente e totalmente indifferente al mio dolore, se n’è andato via senza dire una parola. L’infermiera mi ha aiutata delicatamente ad alzarmi e mi ha ripulita perché avevo il terrore di vedere il sangue. E' stata un vero angelo per me e non so cosa avrei fatto senza di lei.
Quella visita ginecologica, effettuata in fretta e senza il minimo tatto ed empatia, per me è stato un vero trauma, che spero di dimenticare con il tempo, ma ne dubito.
Un consiglio: prima di recarvi all’ospedale di Civitanova Marche, assicuratevi che vi diano almeno un letto, perché, a quanto pare, non è così scontato.
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