Dettagli Recensione
Il cambiamento
Sono le 4.00 in questo reparto e le persone sono già sveglie per vari dolori, io tra queste.
Non è facile vivere in reparto di traumatologia ortopedica, soprattutto sapendo che ci si deve vivere per molti giorni, adattarsi alla vita da allettati, portare gessi, sapere che il tuo arto è o sarà amputato, o comunque magari non tornerà mai come prima.. ma lo si affronta, e lo si fa perché ci si affida ai medici, alla loro professione, ai loro tanti studi, alle loro esperienze, ma soprattutto al rapporto di fiducia che instaurano con il paziente.
A me ci sono voluti 7 giorni per capirli, alcuni sembrano molto sostenuti, ma allo stesso tempo senti che dentro hanno un animo grande.
Questo perché loro hanno realmente dedicato la Loro vita agli altri, a salvarli, a migliorare il loro stato di salute, a cercare di fare il possibile per il loro bene.
Per questo oggi sono grata a loro. Perché in questi giorni professori, dottori, medici strutturati e specializzandi, che fossero anestesisti, chirurghi cardiovascolari, plastici ma soprattutto ortopedici, hanno dedicato gran parte del loro tempo a me, prima salvandomi e sperando di farmi recuperare l'arto, poi nella decisione finale di amputare la parte del piede e caviglia prima della prima frattura di tibia e perone.
Oggi sono qui grazie a loro e il Mio Percorso è ancora tanto, tanto duro, perché dovrò affrontare il dolore con i fisioterapisti in primis per il recupero dei movimenti dell'arto, che comunque ora è diverso, e dopo con quelli della protesi, che mi dovranno reinsegnare a camminare per condurre una vita pari a quella di prima, solo con una parte del mio corpo "bionica"; per quanto possa scegliere una protesi che sia funzionale, moderna, bella o realistica, non risulterebbe comunque al mio cervello quella che ho avuto dalla mia dalla nascita.
Il mio grazie infinito in questo reparto e momento va anche agli/alle OSS che ti lavano, cambiano, sistemano nell'igiene e ai santi infermieri/e che si prendono amorevolmente cura di te, con tanta allegria e allo stesso tempo professionalità e dedizione.
Loro ci sono sempre, a ogni suono di quel campanello che premi accorrono, fanno sempre il massimo per aiutarti a sconfiggere il dolore, a darti e farti tutto per farti stare bene, perché qui spesso il dolore è realmente terrificante.
Il dolore ti logora e mangia vivo quando ti prende i nervi e i muscoli.
Loro invece hanno sempre una carezza, un sorriso, una parola buona e amorevole, la loro dedizione nella cura del paziente è una cosa realmente ammirevole, una devozione e chiamata dall'Alto che non tutti sono capaci di avere.
Hanno pazienza quando i medici le riprendono, sono calme quando devono vedere cose terribili e medicare.
Sono quelle formiche con le ali (angeli) forti e instancabili che nei corridoi del formicaio ospedaliero mandano avanti gran parte del lavoro faticoso fatto in precedenza dai più saggi formiconi e dopo 10 giorni di ricovero non si possono che ammirare perché ognuna fuori da qui ha comunque una vita e una famiglia da seguire.
In tutto questo ambiente però manca una cosa che è fondamentale per chi affronta amputazioni, traumi o interventi complicati: manca la formica che ti aiuta a MANTENERE la testa sana: parlo della figura dello psicologo.
Un servizio assente, sebbene richiesto.
Una cosa strana e impossibile da pensare soprattutto quando sai di aver vissuto traumi e incidenti che ti possono cambiare o modificare la vita.
Assurdo che io qui dentro, con un arto amputato, debba far forza su di me, sui parenti e amici e ringraziare il mio ente lavorativo del Ministero della Difesa, l'Istituto Geografico Militare, per aver fatto richiesta di uno psicologo militare che possa aiutare me, il mio compagno e la mia famiglia a superare al meglio tutto ciò che con le unghie ci stiamo impegnando a superare arrampicando il più possibile in alto.
In tutto ciò, ci sono alcuni volontari anziani che passano a giro a tra i letti e IL BUON PADRE ADRIANO, professando la sua fede e colloquiando con chi gliene dà disponibilità.
Ecco il mondo del reparto di traumatologia del pronto soccorso come appare ai miei occhi, oggi, da ricoverata.
E ora veniamo al come sto:
siamo al terzo giorno dopo l'intervento di amputazione, i medici ortopedici con gli anestesisti mi stanno aiutando a trovare il giusto equilibrio per non avvertire il dolore e saperlo gestire, così da poter pian piano scalare alcuni farmaci troppo potenti e raggiungere una autogestione per quando verrò dimessa.
Il dolore c'è, sia quello reale di ferite e tendini e muscoli, nervi e tessuti tagliati, sia soprattutto quello che chiamano dolore fantasma, il più terribile, perché comandato solo dal cervello che ancora sente l'arto che non c'è più e di cui è cambiata ogni terminazione nervosa o muscolo.
Quel dolore devasta e lo si può curare, se molto forte, solo con medicinali specifici appositi.
Ed ecco, dò il buon giorno a tutti voi, pronta ad affrontare questa domenica con chi, come me, la sta vivendo tra queste mura dove bisogna dare e farsi forza in tutti i modi.
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