Psichiatria Ospedale San Donà di Piave
Recensioni dei pazienti
9 recensioni
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Un (dis)servizio che lega
Il servizio di salute mentale di San Donà di Piave e quello di Portogruaro dovrebbero essere centri di promozione per il benessere psichico.
Spesso invece si riducono a distributori di psicofarmaci. Chi ci entra, a meno che non venga difeso dai familiari, non ci esce più e finisce per andare in tutte le strutture. Se ne vanno via anni di vita... La rete con i servizi sociali del territorio e con i medici di base è a mio avviso inesistente o inefficace. Nessuno avrebbe piacere di avere a che fare con un posto del genere. Si entra in un vortice. Meglio guardare altrove con molta attenzione.
Disorganizzazione
Diciamo che sono bravi professionisti, ma quando devi chiamare, apriti cielo, se va bene forse riesci a parlare nel pomeriggio.
Con il medico di prima, dottoressa Zanon, mi ero trovata benino, ora vedremo con la nuova.
Paziente
Sono stato già 3 volte in questo centro e devo dire sia una struttura perfetta:
ci sono psichiatri molto bravi - il personale è ottimo - sono sempre a disposizione dei pazienti con molta pazienza e competenza - si prestano anche a far passare il tempo ai pazienti giocando ad esempio a carte e altro ancora.
Io sono stato qui ricoverato, come ho detto sopra, e lo consiglio a tutti gli individui che necessitino di cure per problemi nervosi.
Ringraziamento
Cordialità e gentilezza sono di casa, trattamento personale al massimo della comprensione. Un ringraziamento a tutto lo staff.
Ricoverato 2 volte in questo reparto
IO SONO STATO MOLTO SODDISFATTO IN TUTTO, A COMINCIARE DAGLI PSICHIATRI ANDANDO AL PERSONALE INFERMIERISTICO, SEMPRE PRONTI E GENTILI. DALLA PRIMA VOLTA CHE CI SONO STATO 5 ANNI FA, E' INOLTRE MIGLIORATO ANCHE IL REPARTO. COMPLIMENTI.
Comunità Le tre Betulle
Al reparto di psichiatria di San Donà di Piave è strettamente connessa la cosiddetta "comunità", o meglio "ctrp" (comunità terapeutica riabilitativa psichiatrica) "Le tre betulle". La Ctrp fa parte del Servizio di Salute Mentale dell'ULSS 10, il cui direttore è il dott. Salvatore Achille Russo. Entrare alla ctrp di San Donà di Piave significa fare il primo passo in un sistema autoreferenziale, un circolo vizioso che dura anni, anche otto o più. Molte sono state le fughe dal posto di cui parlo per entrare al reparto di psichiatria a porte chiuse, che viene preferito. La divisione in due appartamenti con camere sovraffollate, gli spazi insufficienti per la privacy, le condizioni igieniche e dell'edificio (zanzariere inesistenti, crepe sul muro eccetera), il controllo di infermieri e operatori sulla libertà di fare qualcosa o di uscire solo per quattro passi, le attività inesistenti o del servizio stesso, la pizza e le pastiglie sul tavolo o fuori dal mezzo di trasporto, le telecamere a circuito chiuso che rendono gli infermieri informati su quello che fai e quello che dici (pure nei momenti dedicati alla cura e all'igiene personali), fanno del soggiorno una vita impossibile. Il filo diretto con il reparto è garantito: se si fugge o si provano turbe per il controllo e la psichiatria sempre presenti e stigmatizzanti, c'è il corridoio con stanze e porte chiuse ad accogliervi. Solitamente è difficile uscire dalla comunità se non si è estremamente fermi come una montagna: i discorsi con medici e infermieri sono tutti finalizzati ad un rientro, per cui si sottolinea al paziente il suo stato d'animo e di salute precario, gravissimo che necessita ovviamente della Ctrp..
Medici baroni
Per la mia esperienza personale posso dire che i medici sono assenti per la maggior parte della giornata, infermieri e operatori sono le uniche persone con cui riusciamo ad avere un minimo di relazione. Le doppie porte blindate danno un senso di soffocamento, l'atmosfera che si respira è pesante. Ho potuto vedere un episodio di agitazione da parte di un altro paziente: è stato placcato e legato al letto.
Centro di Salute Mentale: un centro di disservizi
Il Centro di Salute Mentale di San Dona' di Piave è la struttura centrale del Servizio di Psichiatria della cittadina stessa, una delle due parti del Dipartimento di Salute Mentale dell'ULSS 10-Veneto Orientale.
E' presieduto dal primario dr. Salvatore Achille Russo che dirige l'intera équipe medica e il resto del personale del servizio pubblico. Comunque, è possibile rivolgersi alla gran parte degli stessi specialisti anche in diversi studi privati presenti nelle città vicine.
Il primario dr. Salvatore Achille Russo, oltre che specialista in Psichiatria e Neuropsichiatria Infantile, è anche psicoanalista; è un medico molto autoritario di avanzata età. E' colui che detiene il potere decisionale e si impegna nel far applicare le regole e i protocolli, che a parer mio ad oggi imbrigliano il servizio.
Il personale medico si differenzia per competenze e capacità.
Una volta scelti gli ambulatori del pubblico, è buona regola per l'utente attendersi solo la cura psicofarmacologica e qualche consiglio sul superamento del disagio personale, più o meno persistente, contando sui propri mezzi e possibilità. Personalmente non consiglio l'SPDC di San Dona' di Piave (nè quello di Portogruaro a cui si fa riferimento come seconda possibilità), né le strutture residenziali e semiresidenziali psichiatriche protette.
Non esiste la rete con i servizi sociali del territorio e la collaborazione con la figura del medico di base. Qualora il caso diventi di difficile risoluzione e/o ingestibile, il rischio è quello di entrare nel circolo vizioso del servizio pubblico secondo tutti i consueti luoghi comuni.
Lo strumento terapeutico per eccellenza è quello farmacologico, mentre la figura dello psicologo-psicoterapeuta è quasi assente e sono gli stessi medici a tentare qualche forma di psicoterapia secondo approcci e metodi differenti e/o combinati con conseguenze non sempre positive: infatti sono usate qualora sia ritenuto necessario colpevolizzare un paziente.
Dal CSM o in collaborazione con esso vengono attivati TSV, TSO e ASO e vengono offerti servizi quali il Centro Diurno e il Day Hospital.
Manca il rispetto della privacy verso il cittadino e in caso di necessità sono previste forme di controllo e di contenzione.
Un reparto da migliorare
Il mio giudizio sarà legato alla mia vicenda personale e non intende raccogliere le opinioni di altri eventuali utenti.
Il Reparto di Psichiatria dell'Ospedale Civile di San Dona' di Piave corrisponde al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura previsto per il buon funzionamento della Salute Mentale del territorio.
In questo caso l'SPDC e il Reparto coincidono e solo raramente, quando non sono possibili altre forme di intervento, il servizio ricovera la persona, a meno che il Csm non disponga di risorse, programmi di assistenza e strutture alternative adeguate.
Il Primario del Dipartimento di Salute Mentale (DSM)- Unità Operativa di Psichiatria di San Dona' di Piave è il dott. Salvatore Russo; il Responsabile dell'SPDC, invece, è il dott. G.F. Bonfante.
Lo spazio è molto limitato e strutturato in modo particolare.
E' un reparto a porte chiuse e, dopo queste, sono presenti almeno lo studio del medico psichiatra scelto per una determinata fascia oraria, un'altra stanza che comunica con la farmacia, ed una sala di dimensioni ridotte in cui i familiari e conoscenti possono chiedere ed eventualmente incontrare il proprio caro ricoverato.
Dopo questo primo spazio ci sono altre porte chiuse dopo le quali si aprono la farmacia, la cucina per il personale infermieristico, il soggiorno, camere con letti singoli e con più posti letto, i servizi igienici e ripostigli vari chiusi per sicurezza a chiave: in questi ultimi sono custoditi gli effetti personali.
La giornata risulta più o meno pesante a seconda del disagio vissuto dal paziente, della presenza degli altri colleghi pazienti più o meno gravi, della disponibilità del medico a ricevere (e difficilmente ad entrare fisicamente in reparto a contatto con i degenti), del personale infermieristico (infermieri e operatori socio-sanitari) e dello psicologo-psicoterapeuta che può organizzare brevi attività di gruppo.
Il mattino è occupato per la sua maggior parte dalle pulizie per cui molti spazi vengono chiusi con gran disagio da parte di tutti.
Sono previste fasce orarie, oltre che per i pasti e la terapia farmacologica, anche per utilizzare i servizi per la cura personale, il telefono pubblico e il cortile esterno al reparto ma interno all'ospedale.
Durante il pomeriggio è possibile ricevere delle visite e concordare una breve uscita all'interno dell'ospedale stesso per un caffè a seconda del parere, della presenza del medico e del familiare che deve approvare il tutto con una firma.
La sera è dedicata al riposo e durante la notte, in caso di assenza di sonno, è possibile stare in stanza, camminare nel corridoio, ma il senso di solitudine, anche di fronte alla richiesta personale di aiuto, diventa opprimente.
Tra tutte le figure che operano in questa struttura (considerata con meraviglia l'ultima di un buon ospedale) meritano spazio gli infermieri e gli operatori socio-sanitari (OSS): complessivamente sono competenti, affabili, fanno quello che possono entro i limiti eccessivi imposti dal regolamento e dalle disposizioni mediche. Generalmente è il paziente che deve rivolgersi loro e non il contrario per ragioni di riservatezza da parte del primo; questo dovrebbe venir meno nel momento in cui ci siano delle crisi da lenire.
Il disagio provato è condiviso sia dagli utenti che dagli infermieri e OSS e sono oltremodo spiacevoli i metodi di contenzione: l'utilizzo di psicofarmaci in pastiglie e mediante iniezioni e portare con forza il paziente in una camera singola isolata per legarlo.
L'SPDC, in genere, non è scelto dalla maggior parte dei medici come la soluzione più appropriata a risolvere un periodo di grave disagio, ma spesso anche un trattamento sanitario volontario e le dimissioni da parte del paziente vengono ostacolate fino a farlo credere un irresponsabile, nonostante sia risaputo che lì difficilmente si riesca a stare tranquilli, sempre che non esista un buon rapporto con gli altri degenti e la collaborazione con il personale medico-infermieristico.
Penso che la realtà dell'SPDC e, per estensione della Salute Mentale, sia ancora da elaborare e da realizzare con l'aiuto delle idee, proposte e delle forze di coloro che credono nella possibilità di migliorare il servizio pubblico, rivolto a tutti i cittadini che ne hanno bisogno e che non necessitano di sentirsi stigmatizzati da nessuno (sé stessi compresi), nemmeno da una azienda sanitaria che, anche al Pronto Soccorso, indirizza il cittadino al medico psichiatra pure per disturbi che non gli competono.
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