Nefrologia Ospedale Molfetta
Recensioni dei pazienti
5 recensioni
ESPERIENZA MOLTO POSITIVA
La mia esperienza è stata molto positiva grazie alla estrema competenza e alla squisita disponibilità di tutta l'equipe, in particolare del primario, dott. Vincenzo Giancaspro. Ho trovato non solo medici ed infermieri, ma soprattutto persone, alle quali rivolgo un sincero ringraziamento.
Si può eccellere senza essere una grande struttura
Talvolta non c'è alcun bisogno di affidarsi ad una grande struttura per sperare di ricevere un trattamento adeguato alle proprie aspettative. Basterebbe guardarsi in giro e si potrebbero scoprire realtà "piccole", come la U.O.S. di Nefrologia dell'Ospedale Don Tonino Bello di Molfetta, che non hanno assolutamente nulla da invidiare a reparti più celebri e blasonati. La competenza del direttore, dott. Giancaspro Vincenzo, e la professionalità ed umanità dei suoi collaboratori/trici, a cominciare dalla signora Ilaria, sono risultate assolutamente impeccabili e precise.
Custodiamo gelosamente questi piccoli "tesori".
Bravissimi medici e grande cuore
Si sono sin da subito prodigati nel capire il problema di mio padre. Sono stati molto presenti e sempre a disposizione nei chiarimenti. Esempio di dottori che amano e fanno il proprio lavoro con passione.
Pessima assistenza
Non commento, ma racconto solo fatti che si commentano da sè:
Quando mia madre novantenne fu ricoverata, il personale medico e paramedico del reparto impedì ai familiari di assisterla di notte anche con una badante. Mi madre, reduce da un ictus e da un lungo periodo di riabilitazione, aveva un eccesso di potassio. L'epilogo è stato che la mattina del giorno dopo il primo giorno di ricovero, mia madre non parlava più, nessuno se ne prendeva cura neanche visitandola o facendola visitare da medici di altri reparti, nè risultava reperibile il primario perchè impegnata nell'intramoenia. Fui costretta ad attenderla fuori dallo studio medico interno all'ospedale per ore finchè non terminò di ricevere tutti i pazienti in cura a pagamento. Dopo l'attesa, gli infermieri cercarono anche di impedirmi di parlarle. Superando lo sbarramento delle segretarie/infermiere, le chiesi di visitare mia madre. Dopo averla visitata, la primaria si accorse della gravità della situazione e dispose il ricovero immediato in un altro reparto dell'Ospedale di Molfetta, dove fu adeguatamente curata ed assistita fino al rientro a casa. Comunque il danno è rimasto, ed è stato permanente: mia madre non ha potuto parlare per oltre tre anni e fino alla morte avvenuta lo scorso 2 febbraio.
Nessun medico o paramedico di quel reparto ha mai fornito spiegazioni in merito a quanto accaduto nelle 24 ore trascorse dal ricovero, riferito cosa esattamente sia accaduto quella notte e quali medicinali le abbiano somministrato.
Mia madre è rimasta senza parola per tre anni, lucida comunque, e non ci è stato mai reso il conto di cosa sia avvenuto quella notte. La paziente che era nella stessa stanza ci riferì che gli infermieri per calmare mia madre che si lamentava ad alta voce in quanto, assistita costantemente da una badante, non era abituata a stare da sola nè di notte nè di giorno, somministrarono un medicinale che l'acquietò. Il fatto è che non solo la acquietò, ma la fece precipitare in un torpore gravissimo. Ciò non sarebbe potuto accadere se avessero permesso ad un familiare di sostare con lei quella notte. La mattina del giorno dopo si aggravò e non riuscì più a parlare, era assente ed era precipitata in uno stato di incomprensibile torpore. Di fatto quella notte perse per sempre la sua capacità di comunicare con la parola. La notte successiva all'accaduto, in attesa del trasferimento nell'altro reparto, accettarono che mio fratello permanesse nel reparto per assisterla, viste le gravissime condizioni e l'imminente pericolo di vita in cui versava mia madre. Per timore che io o la badante, che sostavamo all'esterno del reparto per poter avere aggiornamenti da mio fratello in quanto timorose che mia madre morisse da un momento all'altro, o per dargli il cambio, potessimo varcare la soglia del reparto, chiuso comunque a chiave, lo sbarrarono con un'asta che normalmente si usa per le flebo. Questi i fatti. Senza null'altro aggiungere per rispetto della decenza e del decoro anche in merito ai comportamenti di cui si sono contraddistinti tutti in quel reparto, auspico solo che le autorità superiori intervengano con adeguate ispezioni, anche in relazione ai comportamenti del personale che vi è adibito. In quei tre giorni ho comunque raccolto molte lamentele anche di altri degenti e dei loro familiari.
Opinione di chi ha vissuto nel reparto
Il reparto è molto organizzato e importante, ed è l'unico della zona di Bitonto, Giovinazzo, Molfetta, Terlizzi, Ruvo, Palo, S.Spirito, Bisceglie e dintorni ad offrire assistenza e degenza a tutti i pazienti affetti da problemi renali di ogni tipo di gravità.
Chiudere questo reparto sarebbe come togliere a tutti i pazienti un importante punto di riferimento e di aiuto per la nostra grave situazione. Questo reparto, col tempo, è riuscito ad instaurare con tutti i pazienti un rapporto più umano e meno formale, facendo sentire ogni paziente più a "casa", specialmente per chi già si sottopone al trattamento di dialisi, per chi ha avuto il trapianto (e si sottopone ancora oggi a visite di controllo per risolvere eventuali problemi che si presentano).
La chiusura del reparto andrebbe contro a tutte le campagne di sensibilizzazione della donazione degli organi, perchè chiudendolo lascerebbe ogni paziente senza un punto di riferimento, perchè verrebbe mandato per ogni ricovero in un ospedale diverso, quindi verrebbe a mancare quel rapporto umano che i medici e tutti gli infermieri del reparto offrono ogni giorno ad ogni paziente.
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