A cura di: Dott. Carlo Pace Napoleone, Direttore SC Cardiochirurgia Pediatrica Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino
GENERALITÀ. Il difetto interatriale (DIA) consiste nella presenza di una comunicazione a livello del setto interatriale, cioè di quella parete che separa i due atri, attraverso la quale avviene un passaggio anomalo di sangue, generalmente dall'atrio sinistro al destro per differenze seppur minime di pressione. A seconda della posizione del difetto si distinguono il DIA tipo Ostium Secundum, il più frequente, il DIA Ostium Primum, associato generalmente ad una anomalia della valvola mitralica, il DIA cavale, superiore o inferiore, che può presentarsi insieme ad una anomalia del ritorno venoso polmonare, e il cosiddetto "unroofed coronary sinus", con una comunicazione a livello dello sbocco del seno coronarico.
CAUSE. Dal punto di vista embriologico questa struttura si forma dall'unione del Septum Primum, del Septum Secundum e dei cuscinetti endocardici da cui derivano anche le valvole atrio-ventricolari. Un'anomalia di questo processo comporta la presenza di un "buco" a livello di questo setto. Esistono alcune forme famigliari, legate ad una mutazione del gene Nkx2.5, e associate alla sindrome di Holt-Horam, ma nella stragrande maggioranza si tratta di patologie isolate per le quali non è riconoscibile una trasmissibilità.
SEGNI E SINTOMI. La maggior parte dei pazienti portatori di Difetto Interatriale sarà asintomatica al momento della diagnosi, che pertanto risulterà occasionale, spesso nel contesto di una visita sportiva. In alcuni casi, soprattutto adulti, è possibile che siano manifesti i segni legati all'iperafflusso polmonare. Attraverso il DIA, infatti, una quota di sangue passa in maniera anomala dall'atrio sinistro, che ha una pressione maggiore, all'atrio destro. Da qui, attraverso la valvola tricuspide, questo sangue passa nel ventricolo destro che lo spinge nei polmoni dai quali rientra in atrio sinistro e ricomincia il giro. In questo modo una certa quantità di sangue in eccesso rispetto alla norma raggiunge in maniera anomala i polmoni sovraccaricandoli. I sintomi possono essere di affanno, dispnea, particolare sensibilità alle infezioni respiratorie, ridotta tolleranza allo sforzo, aritmie, ma sono spesso molto tardivi. Col passare del tempo nell'adulto può instaurarsi una ipertensione polmonare, cioè l'aumento della pressione nell'arteria polmonare secondario a delle alterazioni delle arteriole polmonari conseguente all’iperafflusso. In questi casi si assiste all'inversione del flusso a livello del DIA con il sangue venoso che dall’atrio destro passa nel sinistro entrando nel circolo sistemico, con conseguente cianosi, un segno estremamente grave indice di difficoltà di trattamento. Altra evenienza molto rara ma di fatto possibile è la cosiddetta "embolia paradossa", cioè il passaggio di un piccolo coagulo di sangue, eventualmente generatosi a livello di una varicosità del circolo venoso delle gambe, a livello del difetto interatriale nel circolo sistemico. Normalmente questi piccoli trombi finiscono nelle arterie polmonari, dove sono spesso poco sintomatici, ma se attraverso il difetto interatriale passano dall'atrio destro al sinistro, cosa possibile in caso di aumento della pressione endotoracica per sforzi fisici, possono finire nel circolo cerebrale dando una sintomatologia notevolmente più evidente e pericolosa, quella dell'ictus. Si tratta comunque di casi rari, la norma è che il DIA venga scoperto in maniera assolutamente casuale in pazienti asintomatici, ma che non consentono di sottovalutare la presenza di una comunicazione interatriale anche se di piccolo calibro. Talvolta il sospetto diagnostico nasce dall'esecuzione occasionale di una radiografia del torace che evidenzia un ingrandimento dell'ombra cardiaca e dei segni di iperafflusso polmonare. In alcuni casi invece il sospetto deriva da un blocco di branca destro diagnosticato da un elettrocardiogramma eseguito per altri motivi. All'esame clinico si può apprezzare un soffio sistolico molto debole associato ad uno sdoppiamento del secondo tono cardiaco che non si modifica con gli atti del respiro, e viene pertanto definito "fisso".
DIAGNOSI. La diagnosi viene posta con l'ecocardiografia, l’esame cardine che consente di verificare la presenza, la sede e le caratteristiche emodinamiche del DIA. Questo viene facilmente visualizzato a livello del setto interatriale ed è possibile verificare l'entità dello shunt e l'eventuale risentimento emodinamico valutando la dilatazione del ventricolo destro conseguente al sovraccarico di volume. In caso di anomalia dei ritorni venosi polmonari, associata ai DIA cavali, definiti superiore ed inferiore a seconda che siano in prossimità dello sbocco della vena cava superiore o inferiore, spesso è necessario associare all'ecocardiografia una TAC o una Risonanza Magnetica di conferma, in quanto non sempre è facile diagnosticare questa anomalia. Inoltre la definizione anatomica dell'anomalia dei ritorni venosi polmonari ha una implicazione anche per il tipo di trattamento da proporre. Nei pazienti adulti nei quali ci sia il sospetto di un'ipertensione polmonare secondaria al DIA è necessario eseguire anche un cateterismo cardiaco, che consente di misurare con precisione la pressione a livello dell'arteria polmonare, di quantificare l'entità dello shunt interatriale e di verificare la reversibilità delle alterazioni delle arteriole polmonari, da cui deriva la possibilità di correggere il difetto.
TERAPIA. Un difetto interatriale piccolo, che non causa risentimento emodinamico, potrebbe anche non essere trattato, anche se, considerando il rapporto rischio/beneficio e l'imprevedibilità dell'evoluzione clinica nel tempo anche i DIA più piccoli devono essere considerati per la chiusura. Il DIA Ostium Secundum nella maggior parte dei casi può essere chiuso con una procedura percutanea. Attraverso la vena femorale si introduce un catetere attraverso il quale viene posizionato un device, il cosiddetto "ombrellino", che si ancora ai bordi del difetto e lo chiude. Se il difetto è molto grande o se non è provvisto di un adeguato bordo che consenta l'ancoraggio del device, la procedura percutanea non è fattibile, così come negli altri tipi di DIA, Ostium Primum, cavali superiore ed inferiore e Unroofed coronary sinus. In questi casi è necessario ricorrere alla chiusura chirurgica. L'intervento viene condotto in circolazione extra-corporea e, dopo l'arresto cardioplegico del cuore, attraverso una atriotomia destra si procede alla chiusura del difetto, generalmente con un patch che viene suturato ai suoi bordi. Questo intervento può essere eseguito in qualunque caso e non necessita di caratteristiche anatomiche particolari. Se è presente una anomalia dei ritorni venosi polmonari, spesso associata ai difetti di tipo cavale superiore o inferiore, questa verrà corretta contestualmente alla chiusura del difetto interatriale posizionando il patch in modo da reindirizzare il flusso proveniente dalle vene polmonari anomale nell'atrio sinistro. In caso di DIA Ostium Primum verrà corretta anche l'anomalia mitralica che nella quasi totalità dei casi si associa a questo difetto, il cosiddetto cleft del lembo anteriore. Nei pazienti adulti, generalmente oltre i 40 Kg di peso, è possibile eseguire la chiusura attraverso un approccio mininvasivo, cioè eseguendo una incisione di circa 5 cm nell'emitorace destro, con evidenti vantaggi estetici ed anche funzionali e di recupero. Questo approccio è molto vantaggioso per le donne in quanto l'incisione scompare nel solco mammario destro. In caso di anomalia del ritorno venoso polmonare, è indispensabile, prima di proporre questo approccio, eseguire una angioTac o angio Risonanza Magnetica in quanto un ritorno venoso anomalo in vena cava superiore molto distante dal cuore potrebbe non essere aggredibile per questa via, ma necessiti di una sternotomia mediana.
RISULTATI. La correzione del Difetto Interatriale può essere ottenuta con ottimi risultati. In caso di approccio percutaneo la possibilità che il device si ancori male e si sposti nelle prime ore dopo la procedura è molto bassa, ed in questi casi si ricorre ad un intervento chirurgico che consente di estrarre il device e chiudere il DIA. Per questo motivo è sempre meglio eseguire questa procedura in un Centro dotato anche di Cardiochirurgia. L'intervento chirurgico ha dei rischi di insuccesso inferiori all'1% ed una sostanziale stabilità del risultato. Eventuali dilatazioni delle sezioni destre del cuore rientrano nella normalità nel giro di alcuni mesi. Trattandosi nella maggior parte dei casi di pazienti asintomatici, non ci sono particolari miglioramenti della qualità di vita ma la certezza di aver risolto per sempre il problema, garantendosi un futuro assolutamente sovrapponibile a chi non ha mai avuto problemi di salute. C'è anche la possibilità di poter eseguire qualunque attività sportiva anche a livello agonistico. In questi casi l'intervento può davvero essere efficace e il paziente considerato guarito.